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Pixar, oltre la fantasia

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Luca Ferrari
ferrariluca@hotmail.it

“Un film di animazione non è solamente una sequenza d’immagini in movimento ma tratta di vite, di conflitti”. Inizia così, con queste sibilline parole di John Lasseter, co-fondatore insieme a Steve Jobs della celebre casa di produzione californiana, la mostra “Pixar – 25 anni di animazione” (Milano, 23 novembre 2011 – 14 febbraio 2012), presso il Padiglione d’Arte Contemporanea. Non solo schizzi, disegni o calchi di alcuni dei protagonisti dei film più amati come Toy Story, Monster & Co, Ratatouille o Alla ricerca di Nemo, ma un vero e proprio viaggio nella creatività . Dall’idea primordiale al prodotto finale. Un percorso complessivo di oltre 700 opere. Un’esperienza totale attraverso la l’inventiva della cultura digitale, neo-linguaggio universale e innovativo applicato all’animazione e al cinema.

Dalla vita quotidiana al grande schermo, passando per un’infinita sequenza di disegni, emozioni e tutto quanto sia in grado di suscitare una scintilla d’ispirazione. Uno sguardo. Un gesto, ed ecco l’attimo catturato. Da una matita ripassata a un turbine arroventato di fiotti cromatici, fino a identificare una figura. Il suo carattere diventa un personaggio in mezzo a un nuovo cosmo. La nuova dimensione prende vita. Tutto si fa reale. La fantasia si materializza nella cascata quotidiana della realtà  umana.

“Pixar – 25 anni di animazione” si snoda su due piani tra pannelli illustrativi, fogli ricoperti di abbozzi e una stanza video dove si possono vedere un’anteprima di “Brave”, in uscita nell’estate 2012, e i primi cortometraggi realizzati per la Pixar da John Lasseter negli anni ’80: Luxo jr (1986, la celebre lampada con la palla, qui esposta anche in modellino, che da sempre segna l’inizio di una nuova avventura cinematografica targata Pixar), Il sogno di Red (1987), Tin toy (1988) e Knick knack (1989). Nell’ampio pian terreno, spazio anche ai tanti calchi in resina uretanica che raffigurano i personaggi di Toy Story, Gli Incredibili, Ratatouille (tra cui la bella cuoca Colette, Emile il fratello mangione di Remi e il perfido chef Skinner), Alla ricerca di Nemo, Wall-E e Up.

Un percorso museale che va visto e rivisitato. La sensazione è quella di una Fabbrica delle Meraviglie dove lo spirito di un Willy Wonka pixariano non ti abbandona mai. A dare un “fantastico” benvenuto in dimensioni quasi naturali, direttamente usciti da Monster & Co, il bestione azzurro Sullivan e la piccola creatura verde con un solo occhio Mike, entrambi immortalati nel gesto di salutare, e con cui è possibile farsi scattare una foto ricordo. I disegni esposti sono realizzati con varie tecniche: pennarello a carattere liquido, dipinto digitale, acrilico e perfino la più “banale” matita, come per alcuni dei personaggi di Cars, e l’inchiostro per Up e Wall*E, senza dimenticarsi del pennarello, unico protagonista in una sala con i disegni originali per tre film: Alla ricerca di Nemo (a destra), Monster & Co. (al centro) e Ratatouille (a sinistra).

Ma chi sono le menti creative che lavorano dietro i successi della Pixar? Persone fuori dal comune o uomini e donne della porta accanto? Come nasce un’ambientazione? Perché quel personaggio ha proprio quella specifica intonazione vocale? Ci si siede a tavolino e s’inizia a pensare, o più “magicamente” si aprono tutti gli oblò verso il mondo pulsante? A queste e molte altre domande, risponde in modo più che esaustivo la mostra “Pixar – 25 anni di animazione”, e si scopre per esempio che l’incantevole Ornament Valley del film Cars, la vallata che ha conquistato l’anima di Sally, attinge il proprio panorama dalla Monument Valley situata al confine tra gli stati nord-americani dello Utah e dell’Arizona. Analogo discorso per lo scenario modello hangar-raffineria di Mostropoli di Monster & Co, le cui radici visuali affondano nei siti industriali di Pittsburgh (Pennsylvania).

Convergenza digitale, storyboard, colorscript, renedering, modellazione e rigging, registrazione dialoghi, e così via. S’impara e ci si meraviglia. Istante dopo figura, si guarda sempre più da vicino l’apparato interno Pixar. Ogni stanza. Ogni singolo pezzo dell’esposizione è un working progress. Un viaggio all’indietro nel tempo, dove anche l’iniziale sporgenza di una linea ittica può celare un’ispirazione che si può solo ricercare nella destrezza umana. “Nessun lungometraggio sarebbe possibile senza questa prima fase preparatoria artistico-creativa” ha spiegato John Lasseter.

Prima di salire al piano superiore, dove è d’obbligo il pit-stop finale nello shop con prodotti quasi esclusivamente Pixar tra locandine, dvd assortiti e qualche interessante libro su Walt Disney e il regista Tim Burton, è il momento di Artscape, un’installazione di disegni e studi preparatori il cui percorso evolutivo è esperienza cinematografica stessa. È buio. Il filmato va in rotazione quasi costante, con una breve pausa tra le singole proiezioni. Ci sono disegno legati l’un l’altro in un sali e scendi tridimensionale, ma senza bisogno degli occhiali 3D. Ci sono sequenze di Alla ricerca di Nemo, Wall*E, Monster & Co. Il momento d’ingresso produce sempre lo stesso copione. Un urlo di meraviglia da parte della neo-scolaresca elementare. Chissà  se tra quei giovanissimi alunni c’è il papà  di qualche futuro personaggio che un giorno ci farà  sognare così com’è già  accaduto con la pesciolina smemorata Dora o il logorroico Cricchetto.

Nel lungo corridoio che conduce alla sezione video, i pannelli si snodano nella cronologia pixariana. Dal 1979 ai giorni nostri. “Verso l’infinito e oltre” recita la scritta. Come non credergli? In 25 anni la Pixar non ha solo prodotto un generoso numero di lungometraggi. Ha sdoganato il concetto stesso di animazione, mandando definitivamente in pensione il termine “cartone animato”. Il merito di questa rivoluzione è di persone che hanno saputo credere in altri individui e valorizzato il loro talento. Solamente da questo punto di vista, la memoria di Steve Jobs (1955-2011), colui che acquistò l’allora divisione della LucasFilm specializzata in grafica computeristica e successivamente fondò insieme a Ed Catmull e John Lasseter la PIXAR, resterà  imperitura.
Negli anni a venire la neonata casa di produzione valorizzò al massimo il settore dei cortometraggi (poi sfociato in veri e propri film animati) e lo sviluppo di software per la computer grafica, raggiungendo tali livelli che l’Academy dal 2002 inserì nei Premi Oscar anche la categoria “miglior film d’animazione”.
Di statuette la Pixar ne ha conquistate sei su dieci edizioni, di cui quattro negli ultimi quattro anni: Alla ricerca di Nemo (2004), Gli Incredibili (2005), Ratatouille (2008), Wall*E (2009), Up (2010) e Toy Story 3 (2011).

Giusto un ultimo appunto prima di uscire. Giusto il tempo di una reminescenza telepatica fattasi incudine sulle mie ravvicinate impronte digitali. “Questo tragitto lo faccio ancora a piedi semplicemente perché l’oceano non è mai stato abbastanza per i miei desideri. Faccio le cose in piccolo perché le nuvole attorno me continuano ad avere proporzioni mutabili senza ricorrere al facile aiuto delle maiuscole. Sulla parte iniziale del palmo delle mie mani c’è ancora il segno della terra bagnata. È dove celebro ogni confidenza, guardando quello che mi succede dentro. Pensando a tutto il tempo che ho ancora a disposizione. Facendo affidamento a tutto quello che provo”.

[22/01/2012]


(photos: color script Hero, Gli Incredibili (2004) – dipinto digitale di Lou Romano © Disney-Pixar; Emile e Remy, Ratatouille (2007) – dipinto digitale, di Robert Kondo e Randy Berrett © Disney-Pixar; Storyboard, Toy Story 3 (2010) – dipinto digitale di James Robertson (fire effects di Andrew Jimenez) © Disney-Pixar)

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