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Padre Gratien Alabi condannato. E’ accusato della scomparsa di Guerrina Piscaglia

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Padre Gratien Alabi condannato. E' accusato della scomparsa di Guerrina Piscaglia

Padre Gratien Alabi, “Padre Graziano”, il frate congolese arrestato con l’accusa dell’omicidio di Guerrina Piscaglia, è stato condannato a 27 anni di carcere. Guerrina Piscaglia è la donna scomparsa due anni fa da Ca’ Raffaello, un paesino in provincia di Arezzo. La corte d’Assise di Arezzo ha accolto le richieste del pm, Marco Dioni, che aveva chiesto una pena di 27 anni ma ha concesso all’imputato tre anni di libertà vigilata. Dunque il frate non andrà in carcere sino a quando la sentenza non sarà passata in giudicato e rimarrà nel convento dell’ordine premostratense di Roma. La difesa, sostenuta dall’avvocato Rizieri Angeletti, aveva chiesto la piena assoluzione di Alabi per «totale inesistenza di prove e indizi».

La sentenza con cui la corte d’assise di Arezzo ha condannato a 27 anni padre Gratien Alabi, il religioso accusato di aver ucciso e distrutto il cadavere di Guerrina Piscaglia, scomparsa oltre due anni fa a Ca Raffaello, una località sull’Appennino in provincia di Arezzo, arriva dopo quasi un anno di processo.

Il corpo della donna non è mai stato ritrovata: “Adesso Alabi dica dov’è”, ha chiesto il marito di Guerrina Mirko Alessandrini appena dopo la lettura della sentenza, ricordando che la moglie “ha avuto giustizia” proprio il giorno di quello che sarebbe stato il suo 52/o compleanno.

Il frate ha ascoltato la lettura del dispositivo come pietrificato, visibilmente teso e con gli occhi lucidi: si è sempre dichiarato innocente ed il suo legale, Rizzieri Angeletti, ha annunciato il ricorso in appello.

E’ il primo maggio del 2014 quando Guerrina Piscaglia, 50 anni da compiere, sparisce da Ca Raffaello, piccola frazione di Badia Tedalda in un’enclave di terra aretina incuneato in Romagna. La donna ha un figlio, Lorenzo, di 24 anni avuto dal marito Mirko Alessandrini con il quale convive.

Di lei non si sa niente per alcuni giorni ma si sospetta che si tratti di un allontanamento volontario. Le indagini, affidate ai carabinieri e coordinate dal sostituto procuratore Ersilia Spena, prendono un’ improvvisa accelerazione qualche mese dopo, quando le sorelle della donna si dicono perplesse sul possibile allontanamento volontario di Guerrina da Ca Raffaello.

Le battute di ricerca non portano a niente e intanto a fianco di Ersilia Spena arriva il collega Marco Dioni che da settembre 2014 rimarrà il titolare unico dell’inchiesta.

Il 5 settembre 2014 Padre Gratien Alabi, frate congolese della parrocchia di Ca Raffaello frequentata da Guerrina, viene sentito dal pm e da persona informata sui fatti diventa indagato per sequestro di persona. L’ipotesi formulata dal magistrato si basa sul fatto che, da quanto emerso, la donna si sarebbe innamorata del sacerdote tanto da rendergli la vita impossibile.

Padre Gratien, assistito dall’avvocato Luca Fanfani, sceglie la linea del silenzio anche durante gli incidenti probatori con due rumene che lo stesso avrebbe frequentato a Perugia prima di essere arrestato con l’accusa di omicidio volontario e soppressione di cadavere il 23 aprile 2015.

Il frate finisce in carcere ad Arezzo e uscirà solo nel dicembre 2015 assistito peraltro da due nuovi avvocati Francesco Zacheo e Rizieri Angeletti. Ad agosto aveva rilasciato una serie di dichiarazioni spontanee ritenute dal pm poco attendibili. Ad inguaiarlo ci sono soprattutto un sms mandato ad un contatto che solo lui conosceva dal cellulare di Guerrina, dopo la sua scomparsa, e il personaggio di “Zio Francesco” mai trovato e dunque per il pm “inventato”.

Nel frattempo parte il processo in Corte d’Assise, i giudici, presieduti da Silverio Tafuro, cercano di capire, attraverso una lunga serie di testimonianze, cosa sia realmente accaduto senza dimenticare però che il corpo della donna non si trova.

Nel settembre scorso si arriva alla richiesta di condanna a 27 anni da parte del pm Marco Dioni mentre la difesa chiede l’assoluzione del proprio assistito perchè a suo giudizio nessuna prova va oltre il ragionevole dubbio.

Redazione

25/10/2016

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