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Nuovo Dpcm, per ora è caos. Mezzo governo spinge Conte che chiede alle Regioni

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Nuovo Dpcm? Per ora un caos vero, con metà governo che spinge per lockdown mirati ma Conte che resta contrario ma è favorevole alla didattica a distanza, piuttosto mettendo regole più stringenti sulla ‘movida’, che però andranno ad influire sugli orari e sul pubblico di bar e ristoranti, cosa che non vogliono le Regioni a cui proprio Conte chiede il maggior consenso possibile per evitare scontri.

La lotta al coronavirus è presa dentro l’esigenza di stringere un po’ di più le maglie, per provare a frenare la curva dei contagi e quella di non ricorrere a misure draconiane. Giuseppe Conte resiste alle spinte di alcuni ministri per tornare in “zona lockdown”, introdurre chiusure drastiche o addirittura un coprifuoco sul modello francese. Ma intorno alle quattro, nella notte tra venerdì e sabato, si persuade a non aspettare oltre, a introdurre subito quelle nuove misure nazionali invocate dal Pd e da Roberto Speranza per non farsi scavalcare dagli eventi. Avrebbe voluto attendere i dati relativi agli effetti dell’ultimo dpcm, in vigore da mercoledì. Ma si convince che non si possa più indugiare:

firmerà il nuovo dpcm nelle prossime ore per mandarlo in Gazzetta entro domenica sera perché entri in vigore da lunedì. Nella consapevolezza che bisogna tener conto anche della tenuta psicologica del Paese, oltre che tutelare le attività produttive, cercherà una sintesi tra le diverse proposte.
Domenica sera, tornando a parlare agli italiani come nei giorni drammatici del lockdown, il premier illustrerà nuove regole, elencherà altri blocchi, dallo sport alla movida.

Su cosa in concreto fare, il confronto si infiamma in maggioranza: Iv sale sulle barricate del “no” a nuove chiusure, convinta di trovare una sponda nel premier, il M5s si mostra prudente, Pd e Leu spingono per agire con nettezza, subito. Due capisaldi muovono l’azione di Conte: non chiudere le scuole, non fermare le attività produttive.

Sul primo punto tutto il governo concorda: va bene aumentare la didattica a distanza, non chiudere le aule.
Sul secondo punto invece si discute.
C’è chi ritiene che alcune attività non essenziali siano ‘sacrificabili’ per far abbassare la curva, garantendo i necessari ristori a tutte le categorie interessate con un decreto legge da approvare insieme alla manovra.
C’è chi pensa al contrario – e Teresa Bellanova per Italia viva si sta intestando questa battaglia – che non si possa “esagerare”, si debba evitare ogni chiusura

a prescindere.
A far discutere è il “coprifuoco” ipotizzato da più d’uno nel governo e proposto alle Regioni: far chiudere ristoranti, locali, negozi alle 22 o alle 23.
Il solo termine “coprifuoco” fa paura, tanto che Palazzo Chigi invita la stampa a non “alimentare confusione con fughe in avanti” e attendere le “comunicazioni ufficiali” sulle nuove misure, che arriveranno dopo un confronto con Regioni ed enti locali, scienziati, “per tutelare nel modo più efficace gli interessi sanitari e socio-economici di tutti i cittadini”.

Conte, che in definitiva agli occhi degli italiani si espone da responsabile delle nuove misure, vuole soppesare bene il pacchetto di interventi. E’ contrario a un coprifuoco vero e proprio, col divieto di uscire di casa, e ascolta i dubbi delle Regioni e degli stessi scienziati sull’efficacia di un lockdown notturno.

Far chiudere ristoranti ancor prima della mezzanotte non

convince non solo i governatori ma anche il M5s. Certo, le misure per limitare gli assembramenti da movida sono destinate a essere irrigidite. Potrebbe esserci una stretta in particolare nel weekend. E anche lo sport va incontro a una nuova stretta che potrebbe essere molto pesante: alle famiglie si potrebbe chiedere il sacrificio di non far fare sport ai figli, vietando lo sport di contatto dilettantistico, e agli operatori del settore un sacrificio ancora più grande chiudendo palazzetti, palestre e piscine.

Ma anche qui, si discute animatamente.
Il ministro Vincenzo Spadafora ricorda tra l’altro che fare sport fa bene alla salute, un dato non irrilevante mentre per la salute si combatte.

Escluso, per ora, di far abbassare le serrande a estetiste e parrucchieri, le misure su cui tutti concordano sono rafforzare il tracciamento (Vito Crimi chiede di rendere “obbligatoria” l’app Immuni) e uno smart working “spinto”: nel pubblico si può arrivare a un’asticella del 75% e anche se nel privato non si può imporlo

ma si può raccomandarlo con forza.

Si aiuterebbe così ad alleggerire il trasporto pubblico locale che, secondo i Cinque stelle, resta il vero tallone d’Achille – ben più della scuola – nella lotta al virus (in politichese: citofonare De Micheli, non Azzolina).
C’è chi spinge per una riduzione della capienza dall’80% al 50%, a fronte di maggiori risorse.
Un tema, quest’ultimo, strettamente legato a quello della stretta. Perché se arriveranno nuovi divieti, restrizioni, limiti di orari, bisognerà aiutare un’economia in affanno, che adesso accennava a ripartire.
Ecco perché accanto alla manovra dovrebbe essere approvato un nuovo decreto di aiuti Covid: come modulare gli interventi, dipenderà anche dal dpcm.

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