Sono circa 21 milioni i contribuenti italiani che risultano avere debiti a vario titolo con oltre 8mila enti creditori e che sono inseguiti dalle cartelle esattoriali di Equitalia. Un dato che ha rivelato l’amministratore delegato della società pubblica di riscossione Ernesto Maria Ruffini ascoltato in audizione in commissione Finanze alla Camera sottolineando il quale ha pure sottolineato che il 53% ha accumulato pendenze che non superano i 1000 euro.
«Il 74% dei contribuenti ha debiti sotto i 5mila euro – ha spiegato Ruffini –e servirebbe una riflessione in ordine alle ragioni per le quali nel 2017 ancora si discuta della possibilità di riscuotere somme iscritte a ruolo dagli enti impositori oltre 15 anni fa. Ci sono, infatti, 591 miliardi su 817 complessivi di ‘magazzino’, di carichi affidati ad Equitalia tra il 2000 e il 2013 che a fine 2016 contribuiscono per oltre 49 miliardi al valore di 84,6 miliardi di effettivo magazzino residuo” su cui tentare azioni di recupero. I debiti tra i 1000 e i 5000 euro rappresentano il 20,4% del totale, il 7,1% si trova tra i 5mila e i 10mila euro, l’11,9% tra 10mila e 50mila mentre appena il 3% ha debiti tra 50 e 100mila euro e un altro 4% deve al fisco oltre 100mila euro».
Il ‘magazzino’, cioè i carichi residui da riscuotere affidati a Equitalia dal 2000 al 2016. Ha poi spiegato l’ad di Equitalia – ammonta a 817 miliardi di euro ma la quota su cui azioni di recupero potranno ragionevolmente avere più efficacia si ferma a 51,9 miliardi. Oltre il 43% è difficilmente recuperabile. Ci sono infatti 147,4 miliardi dovuti da soggetti falliti, 85 da persone decedute e imprese cessate, 95 da nullatenenti.
«Per altri 30,4 miliardi – ha quindi concluso Ruffini – la riscossione è sospesa per i provvedimenti di autotutela emessi da enti creditori o sentenze dell’autorità giudiziaria. Restano così 459,2 miliardi di cui oltre il 75%, 384,4 miliardi, si riferisce a contribuenti rispetto ai quali Equitalia ha già tentato invano in questi anni azioni di riscossione. Altri 26,2 miliardi sono pagati a rate e l’effettivo magazzino residuo su cui agire si riduce a 84,6 miliardi di cui circa 32,7 riferiti a posizioni non lavorabili per effetto delle norme a favore dei contribuenti».