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Non si tratta di essere gufi: mala tempora currunt sed peiora parantur

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Non si tratta di essere gufi: tacere la gravità della malattia al malato può essere un gesto misericordioso, ma dire ad una nazione che tutto va bene, anzi meglio, quando la realtà è ben diversa, non è esattamente un atto di carità.

I segnali dell’economia reale, infatti, lasciano veramente molto perplessi. Difficilmente si potranno ripetere in futuro condizioni positive come quelle che abbiamo vissuto in questo ultimo anno: il prezzo del petrolio dimezzato tra aprile 2014 e aprile 2015, la svalutazione dell’Euro rispetto al Dollaro Usa con un ribasso della moneta europea del 25 per cento e infine le politiche monetarie di supporto della Bce. Proprio la Bce prevede dapprima una crescita moderata per l’Italia, un + 0,4 per cento, che potrebbe attestarsi attorno al più 0,7 per cento nel 2015 come previsto a suo tempo da Bankitalia. Le previsioni non tengono conto dell’incertezza riguardo alle prospettive di crescita e alla stabilità finanziaria in Cina, che nelle ultime settimane hanno preoccupato non pochi analisti.

Come molti hanno già fatto notare, le condizioni congiunturali favorevoli avrebbero dovuto portare ad un balzo in avanti dell’economia italiana, il che non è avvenuto lasciando aperto l’inquietante interrogativo su cosa potrà accadere quando lo scenario economico internazionale muterà di segno. L’Italia si presenta al domani con dati da far impallidire, una disoccupazione stabile attorno al 13 per cento, la disoccupazione giovanile che viaggia sul 44 per cento, mentre sotto soglia di povertà sono circa un milione e 466 mila di famiglie (704 mila al sud, 766 mila al centro-nord) con una crescita dal 2011 al 2014 di circa 380 mila unità.

Il dato veneto è molto diverso: la disoccupazione totale oscilla attorno al 7.5 per cento, con un tasso di occupazione complessivo della popolazione tra 15 e 64 anni pari al 63.7 per cento, rispetto al 55.7 per cento della media italiana; una crescita del PIl stimata da Prometeia attorno all’1,1 per cento, destinata nel 2016 aa salire ulteriormente all’1,9 per cento, con un differenza di quasi mezzo punto in più rispetto alla migliore previsione della media italiana. A far da traino in Veneto le esportazioni, che rappresentano circa il 13,1 per cento dell’export italiano, ma che soprattutto permettono un saldo positivo, differenza tra export e import, nella bilancia commerciale di quasi 15 miliardi, quasi un terzo del saldo italiano.

Nonostante il peso del sistema Italia che scarica nelle nostre imprese e nella società non pochi costi e contraddizioni, il Veneto ha saputo sfruttare meglio di altri la congiuntura favorevole: senza il dato del Veneto, di Lombardia, Emilia e Piemonte, il risultato italiano sarebbe disastroso. Non si tratta di gufi o civette: il fatto è che le aree produttive hanno tenuto a galla il sistema. Cosa accadrà quando muterà la congiuntura favorevole? Chiediamocelo, perché se già oggi non possiamo permetterci il lusso di uno stato in perenne discrasia, domani saremo travolti da uno tsunami di portata impressionante. Mala tempora currunt sed peiora parantur.

Roberto Ciambetti

06/08/2015

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