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Non c’è niente che non va, almeno credo – Il ciclo della vita e il carpe diem

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A volte si ha solo bisogno di una seconda occasione, di qualcosa che ci possa disincastrare dalla nostra sicura routine e portarci a vivere una vita che mai pensavamo di poter vivere, ma di cui, senza saperlo, avevamo bisogno. E non importa se questo accade nella seconda metà della nostra vita, quando ormai si hanno superato i 40 anni, come lo sa bene Rosie, protagonista del nuovo romanzo, edito da Giunti, di Maddie Dawson, Non c’ niente che non va, almeno credo (Traduzione di Roberta Zuppet) fidanzata ormai da 15 anni con Jonathan, un’artista che ora si è messo in testa di andare dall’altra parte del paese per inseguire il suo nuovo sogno: aprire un museo di tazzine di porcellana. I due sono gli unici tra i suoi amici a non aver messo su famiglia, così, per convincere Rosie a seguirlo nel suo sogno, Jonathan decide di chiedere la sua mano. La prima a non esserne del tutto convinta è la nonna Soapie, una donna irriverente che spinge Rosie a coltivare le sue vere passioni e a far sua la vita. Ma proprio quando la donna si trova davanti ad una scelta cruciale, sarà il destino a riservarle la sorpresa più grande.

Divertimento ed ironia, dolcezza ed amarezza. Il nuovo libro della Dawson viaggia come in una montagna russa tra gli alti e bassi della vita, in un messaggio bello chiaro che arriva dritto al lettore e che, grazie al personaggio di Rosie tanto quanto a quello di Soapie, ci conduce nel carpe diem e nel vivere al massimo ogni giorno, ogni era della nostra vita. Non importa avere 20 anni, il doppio o, addirittura, il triplo: il soffio vitale vibra ancora e nasconde amori e sorprese.

Il lettore si trova a viaggiare fianco a fianco della protagonista, con insicurezze e desideri che, alla fine, riescono a coinvolgere persone di ogni età. Avere 40 anni non porta Rosie a fermarsi nel cambiamento, a trovare il coraggio, e spingere di conseguenza chi legge, a cambiare completamente direzione, ad accettare le novità che si insinuano in una routine che era destinata a rimanere uguale a se stessa.

La Dawson dona al valore della famiglia un ruolo chiave all’interno della narrazione. L’autrice riesce, infatti, a farci soffrire per le parole non dette, per quelle frasi a metà, per un passato svelato e strappato come un velo di Maya solo nel finale, ma anche a farci sorridere, gioiere per le occasioni che la vita offre, per un amore vero che si trova non solo nel rapporto uomo-donna, ma anche verso i figli, verso i nonni e che ci cresce.

Se stessimo recensendo un film, diremmo che siamo davanti ad una pellicola a one location, costruita cioè quasi interamente solo in un luogo. Sì perché Non c’è niente che non va, almeno credo, sviluppa le sue vicende più importanti attorno alla casa di Soapie, lì dove generazioni differenti dimostrano che tutto continua ad essere una sorpresa, sia che si sia all’inizio della vita, sia che ci si trovi alla fine della corsa.

Un ciclo vitale, quello raccontato dall’autrice, che ci accompagna attraverso personaggi irresistibili, ad altri che odieremo dal profondo del cuore, il tutto narrato con intelligenza, scorrevole e coinvolgente, trovando il momento giusto per colpire allo stomaco o per coccolare il lettore dentro i fumi dell’amore e di noi stessi.

Sara Prian

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