Neonati morti, malformazioni e mutilazioni gravissime a mamme e bambini, donne fatte abortire senza consenso. Un «sistema», che sarebbe stato condiviso dall’intera struttura sanitaria per nascondere errori commessi in sala parto a garanzia e a tutela dell’immagine professionale dei medici e per sottrarli a possibili risvolti giudiziari. E poi cartelle cliniche manomesse per nascondere la verità, secondo l’accusa, fatta di manovre sbagliate che hanno reso invalidi bambini, ferito partorienti, procurato colposamente aborti.
Due neonati morti appena nati, un aborto procurato contro la volontà della gestante, un bimbo con danni cerebrali permanenti e donne con danni devastanti nelle parti intime. Un “bollettino di guerra” – è definito dal gip – che però aveva per teatro i reparti di ostetricia e ginecologia, di neonatologia e di anestesia degli “Ospedali riuniti” di Reggio Calabria, dove sarebbe stato allestito un “sistema” per manipolare e falsificare le cartelle cliniche per scongiurare eventuali responsabilità, soprattutto giudiziarie. C’è tutto questo nell’inchiesta condotta dal Gico del Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di finanza reggina e coordinata dalla procura della Repubblica, che ha portato agli arresti domiciliari quattro medici ed alla sospensione dalla professione per un anno di sei loro colleghi e di una ostetrica.
Un “sistema” finalizzato, come dice uno degli indagati in una conversazione intercettata dagli investigatori, a “salvarsi il culo”, anche rispetto a errori commessi in altri reparti. E per fare questo gli indagati non avrebbero esitato a “chiudere la cartella clinica nell’armadio” e ad usare “il bianchetto”.
“Una situazione veramente scandalosa”, l’ha definita il ministro della Salute Beatrice Lorenzin; una situazione “indegna di un Paese civile” le ha fatto eco il procuratore di Reggio Federico Cafiero de Raho mentre ad uno degli investigatori ha “richiamato alla mente la famigerata ‘clinica del dottor Mengele'”.
L’inchiesta ha preso le mosse dalle intercettazioni disposte in un altro procedimento dalla Direzione distrettuale antimafia che indagava su persone gravitanti a vario titolo intorno alla cosca di ‘ndrangheta dei De Stefano. E tra le utenze intercettate c’era quella del primario di ginecologia Alessandro Tripodi.
E’ stato così che ha visto la luce l’inchiesta “Mala sanitas”. Luce che hanno visto solo per poche ore, invece, due bimbi, i cui casi sono riportati nell’ordinanza di custodia cautelare. Ma agli atti dell’inchiesta ci sono decine di casi di malasanità avvenuti nei tre reparti del nosocomio reggino. Compreso quello di un bambino nato con dei problemi respiratori ed intubato 53 minuti dopo il parto come dice uno degli indagati ad un collega: “è stato 53 minuti senza intubazione, perché chi l’ha dovuto intubare non è stato capace”.
Ma di tutto ciò niente è finito sulla cartella clinica, tanto che la madre, sentita poi dal pm, ha avuto parole di gratitudine per i medici di neonatologia: “ha ricevuto le cure necessarie e, a mio avviso, sono stati bravissimi, a differenza di quelli di ostetricia che, a mio avviso, mi hanno trascurata”.
Tripodi è accusato anche di avere procurato l’aborto della sorella contro la sua volontà. Convinto che il feto avesse delle malformazioni, chiede aiuto ad un collega. E questo non esita a rispondere alla sollecitazione con un “me la vedo io” provvedendo poi, secondo l’accusa, a somministrare alla donna un farmaco per indurre l’aborto. Salvo poi scrivere sulla cartella clinica, aborto spontaneo.
Gli indagati, scrive il gip, agivano con “‘assoluta freddezza e indifferenza’ verso il bene della vita che di contro dovrebbero essere sempre abiurate dalla nobile e primaria funzione medica chiamata ‘a salvare gli altri’ e non se stessi”.
E non a caso, annotano i finanzieri, durante una conversazione su un loro collega che aveva commesso un errore in sala parto provocando lacerazioni vescicali e la rottura del collo dell’utero due medici parlano di lui ridendo. “Stava morendo no?”. Per poi aggiungere “sto animale fa queste tragedie ogni volta”.
Mario Nascimbeni
22/04/2016
(cod sanitas)