Presentata giovedì 3 settembre la pellicola che farà molto discutere, “Spotlight”.
Michael Keaton e Mark Rufalo indagano sulla pedofilia nella chiesa americana, ricostruendo l’inchiesta che il quotidiano Globe di Boston realizzò nel 2001.
Il titolo si riferisce al nome della squadra di giornalisti incaricata delle indagini per conto del giornale che, negli anni si è occupata di diverse inchieste.
Proprio nell’anno dell’11 settembre (data storica per gli Stati Uniti) si imbatterono in testimonianze di vittime di abusi da parte del clero cittadino.
Lo scavare sempre più a fondo del gruppo, li portò a far emergere un vero e proprio sistema di preti e vescovi pedofili, ad ogni grado. Tutti coperti dalla Chiesa Cattolica.
Alla fine oltre seicento articoli, oltre novanta clericali coinvolti e un caso che esplose sconvolgendo le coscienze.
Quello che maggiormente lascia basiti è la faciloneria con cui gli alti gradi della chiesa si limitassero a “spostare” di parrocchia in parrocchia i sacerdoti, una volta scoperti e denunciati. Metodi, quelli della Curia, che non hanno nulla da invidiare a quelli mafiosi, con addirittura sparizione di documenti processuali pubblici e omertà. Oltre ad avvocati ben disposti a coprire e patteggiare in caso di condanna.
Ottime le prove degli attori, in particolar modo quella da Mark Rufalo, volto e voce della reale la firma Michael Rezendes, autore dell’inchiesta. Il film di Thomas McCarthy, regge ottimamente per tutte le due ore di durata, con un ritmo che appassiona e tiene incollato il pubblico.
Ciò che inquieta davvero, oltre all’incredibile disinteresse della città nei confronti di fatti avvenuti e taciuti per oltre trent’anni, è ciò che accade al Vescovo Law: colui che sapeva, che ha volto lo sguardo dall’altra parte e che alla fine ha fatto carriera.
Come ha affermato Rufalo, con l’avvento di Papa Francesco c’è la speranza che qualcosa accada, che cambi, ma è meglio non illudersi troppo.
Mattia Cagalli
04/09/2015
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