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Michele Buoninconti è colpevole dell’omicidio di Elena Ceste. Appello conferma 30 anni

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Elena Ceste, marito Michele Buoninconti condannato. Le fasi dell'inchiesta

La Corta d’Assise d’Appello di Torino ha confermato oggi la condanna per Michele Buoninconti, il vigile del fuoco di Costigliole d’Asti accusato di avere ucciso la moglie Elena Ceste.
La sentenza ha avuto un effetto ‘pratico’ immediato: è stato disposto il sequestro conservativo del patrimonio di Michele Buoninconti. Questa la decisione della Corte d’Assise d’Appello che oggi ha confermato la condanna dell’uomo accusato di avere ucciso la moglie Elena Ceste. “Si tratta – spiega l’avvocato di parte civile, Debora Abate Zaro – di conti correnti e di un terzo della casa. Siamo soddisfatti. Questo garantisce un futuro ai figli”.

La Corte d’Assise ha quindi confermato gli elementi probatori con cui si era espressa la sentenza di primo grado del 4 novembre 2015 che ha condannato Buoninconti a trent’anni di carcere. L’uomo, che è stato arrestato il 29 gennaio 2015, è recluso a Verbania.

L’avvocato Enrico Scolari, uno dei difensori di Michele Buoninconti, ha risposto a una domanda dei giornalisti sullo stato d’animo dell’ex vigile del fuoco condannato in Appello a trent’anni di carcere per l’omicidio della moglie, Elena Ceste. “Leggeremo le motivazioni – ha annunciato il legale – e ricorreremo in Cassazione. In questo processo abbiamo riversato una quantità di elementi, fra consulenze tecniche e documentazione varia, che sono di tutt’altro segno rispetto alle conclusioni cui sono arrivati i giudici. Per questo vedremo come hanno valutato gli indizi e poi, con ogni probabilità, impugneremo la sentenza”.

Alla lettura della sentenza ci sono state commozione e lacrime. I genitori di Elena Ceste subito dopo la lettura del dispositivo della sentenza di condanna a trent’anni di carcere per Michele Buoninconti, si è poi allontanata velocemente dall’aula della Corte d’Assise di Appello di Torino. “Contenti? Non si può essere contenti per l’omicidio di una figlia”, è stata la risposta di uno dei loro avvocati di parte civile, Carlo Tabbia, alla domanda dei giornalisti se fossero soddisfatti dalla condanna.

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