è come Margherita: pensa troppo a se stesso. Così il personaggio della madre, seppur interpretato con bravura dalla strehleriana Lazzarini (con il tipico tono recitativo amato da Moretti, pulito, teatrale, dalla dizione limpida e francamente poco cinematografico) appare annacquato. Colei a cui, con la sua dipartita, son affidati i lacci della risoluzione emotiva di Margherita, appare un personaggio talmente controllato da non appassionare definitivamente. E francamente lo svelamento della personalità della donna, che sentiamo per bocca degli studenti in visita alla salma nel finale, ha qualcosa di stonato, di retorico, di previsto.
La madre è un personaggio che rappresenta anche un’Italia, quella del passato, dello studio e della tenacia; e sempre rivolto all’Italia è il soggetto del film nel film, la prima scena vorrebbe avere il sapore delle immagini delle piazze del 2014-15, della crisi che ci attraversa, della Celere. Ma anche qui siamo un po’ nell’arcadia morettina; tralascio il fatto che, Turturro o meno, il film di Margherita si preannuncia una porcheria, sono quelle immagini in fabbrica, quelle catene di montaggio, quelle facce di attori (e fate attenzione alla battuta sulle facce delle comparse che si sente nel film) ad appartenere all’idea di mondo del regista ma non al mondo così com’è. Si dirà che questo fa parte del gioco dell’autorialità ma c’è un limite oltre il quale si diventa stucchevoli e sclerotizzati. Così come in odore di deja vu sono i dubbi espressi ad alta voce da Margherita, debitori, si diceva sopra, del Moretti classico.
La sceneggiatura frammentata, a sbalzi talvolta bruschi, talvolta sconnessi, non aiuta molto lo spettatore e appare un gioco troppo pianificato di digressioni nell’onirico, nell’ancestrale per risultare emozionante. Indubbio che Moretti abbia portato alle estreme conseguenze il suo linguaggio cinematografico, asciugandolo finchè ha potuto asciugarlo, fin dove la sua anima sa arrivare. Persino come attore tutte le sue caratteristiche “negative” sono diventate essenza controllata e distillata. Al punto dire che non solo grazie alla verve di Turturro veniamo risparmiati dalla monotonia del film, ma anche dagli ingressi in scena del cosiddetto “non attore” Moretti; un interprete “saggio” e che sa spendersi in maniera consumata.
Ma è come autore che, temo, Moretti non crescerà mai del tutto; e questo film ne è la riprova.
Mia madre
(Nanni Moretti, 2015)
Con Margherita Buy, Nanni Moretti, Giulia Lazzarini, Beatrice Mancini, Enrico Jannello
Giovanni Natoli
25/06/2015
Riproduzione vietata