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Mattia Del Zotto comprò il Tallio dove trovò l’acido l’amico di Martina Levato Alexander Boettcher

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E’ un mistero e resterà un mistero a lungo il motivo per cui Mattia Del Zotto ha cominciato a pianificare il piano diabolico per sterminare la sua famiglia con un avvelenamento che non doveva lasciare tracce.
La sua mente, i suoi percorsi di pensiero, sono per ora meandri difficilmente sondabili per valutatori che appartengono ad un’altra dimensione, a quella ‘comune’, popolarmente conosciuta come ‘normale’.

Le reazioni, d’altro canto, continuano con manifestazioni insolite, come quando appena varcata la soglia del carcere di Monza, nel primo colloquio con l’operatore, in piena notte, ha parlato anche della sua conversione all’ebraismo, religione di cui ha chiesto alcuni libri per continuare a studiare e proseguire il percorso cominciato tre anni fa.

E’ oggi sorvegliato a vista 24 ore su 24 dagli agenti di polizia penitenziaria e si trova da solo in una cella al momento senza tv, Mattia Del Zotto, il 27enne di Nova Milanese arrestato
mercoledì sera con l’accusa del triplice omicidio dei nonni paterni e di una zia e del tentato omicidio di altre cinque persone, tra cui i nonni materni.

Tutte persone, a suo dire, “impure”, che sono stati avvelenate con il Tallio, sostanza che ha acquistato a settembre da un’azienda di Padova contattata due mesi prima.

Azienda dalla quale nel 2014 avrebbe ordinato l’acido (poi usato per una serie di aggressioni) Andrea Magnani, complice della coppia Martina Levato-Alexander Boettcher.

Da quanto è trapelato, il giovane, che questa mattina sarà interrogato da Federica Centonze, il gip che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare contestando pure l’aggravante della premeditazione, è sembrato freddo: come se avesse alzato una ‘barriera’ per chiudersi in un suo mondo.

Inoltre, viste la particolarità del caso e l’età di Del Zotto, reo confesso, la direttrice della casa circondariale, Maria Pitaniello, ha concordato con il Procuratore della Repubblica di Monza Luisa Zanetti, titolare dell’inchiesta assieme al pm Carlo Cinque, di sottoporre il 27enne non solo a un regime di sorveglianza “intensivo” ma anche a un monitoraggio continuo da parte degli psichiatri e psicologi interni per una valutazione sul suo stato di salute mentale.

Ci sarà, quindi, un lavoro d’équipe tra i medici, gli agenti penitenziari, la direzione del carcere, per accertare quali siano effettivamente le sue condizioni psicologiche. Tutto ciò per poi cercare di inserire il ragazzo nella vita carceraria.

Intanto proseguono le indagini per trovare ulteriori riscontri alla ricostruzione di inquirenti e investigatori e condivisa dal giudice Centonze.

Esperti informatici dell’Arma stanno ancora analizzando i due pc e gli smartphone sequestrati a casa del giovane per rintracciare altri elementi per comprovare l’esistenza di un piano preordinato, questa è l’ipotesi, per sterminare la famiglia.

Intanto è stato verificato che la presunta setta alla quale il ragazzo, secondo la madre, aveva aderito, ‘Concilio Vaticano II’, non esiste.

Sul disco fisso del suo laptop, che aveva come password ‘gloriosoDIO’, è già stato rintracciato l’ordine di acquisto del veleno mentre dalla giacenza di posta elettronica sul server del provider è spuntata la corrispondenza con la ditta padovana dalla quale ha poi comprato personalmente, pagandolo in contanti, il solfato di tallio e che si era dimenticato di cancellare dalla cartella ‘bozze’.

Si stanno anche aspettando gli esiti di ulteriori analisi a campione sul cibo sequestrato nelle abitazioni delle vittime.

Finora sono emerse tracce di tallio in un infuso di erbe che la madre di Mattia aveva portato ai suoi genitori (ora ricoverati in ospedale).

Infine, tra le altre cose, accanto alle modalità con cui dal Zotto ha ‘colpito’, gli investigatori stanno cercando di appurare il motivo per cui il giovane abbia proprio scelto quel veleno incolore e inodore (contenuto in 6 boccette, di cui cinque ancora piene e una usata e ora sotto sequestro) per mettere in pratica il suo folle progetto.

Motivo, si ipotizza, che potrebbe portare alla sua infanzia e alle vacanze trascorse nella cascina di Varmo (Udine). In quella zona nel 1999 e nel 2000 persero la vita due uomini proprio per avvelenamento da tallio.

I due casi rimasero irrisolti. Mattia a quell’epoca aveva dieci anni, e potrebbe esserne rimasto suggestionato.

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