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Matilde, 3 anni, morta mentre faceva lezione di sci, un dolore che toglie il fiato

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soccorso sulla neve con elicottero

Così ci siamo sentiti quando la notizia è arrivata in redazione, ammutoliti e con il respiro che faticava ad essere autonomo. La tragedia a mezzogiorno. La piccola Matilde, appena tre anni, viene travolta sulle piste da sci. La piccola muore e l’investitore è un ragazzo, un sedicenne piombato all’improvviso da dietro un dosso, «a forte velocità», come si viene a sapere immediatamente.

La morte di Matilde è una tragedia straziante persino nei particolari: la piccola indossava la pettorina del corso collettivo, ultima di una fila di nove bambini, che seguiva le curve del maestro. La pista era una ‘blu’, facile, un sentiero che viene usato proprio per palestra per loro, che iniziano a sciare, accanto alle discese storiche della Weissmatten.

Ma all’ora di pranzo di una domenica piena di sole sta scendendo il sedicenne, di Chieri in provincia di Torino, che da molti anni viene con la famiglia a Gressoney e conosce bene quelle discese, è in compagnia di un amico. I due ragazzi non vedono il gruppo di bimbi sta scendendo, come fanno a quell’età, piano piano e curvando a spazzaneve. Il primo sciatore riesce ad evitarli all’ultimo momento, il secondo invece centra in pieno la povera Matilde, la colpisce al fianco e alla schiena. Lei è ancora viva, dice di sentire molto dolore, altre due bambine piangono accanto a lei, ma non sembra che siano state investite.

Un medico e un rianimatore che stavano sciando si fermano e prestano i primi soccorsi. Capiscono che la bambina è grave, che c’è poco da fare. Matilde perde conoscenza, l’elicottero arriva subito dopo, il pilota prova una manovra complicata per restare fermo sul pendio giusto pochi secondi per accogliere la piccola. Tutto inutile. Alle 15.40 viene dichiarato il decesso, come recita il freddo referto dei medici dell’ospedale di Aosta, dopo un’attività di «rianimazione cardiopolmonare prolungata senza il recupero di un’attività cardiaca autonoma stabile».

I genitori di Matilde, una coppia romana che abita a Milano, sono accanto al corpicino della loro piccola, che la mattina hanno salutato mentre saliva felice sulla seggiovia e che non rivedranno mai più. Come si può accettare una tragedia così?

p.p.

[10/03/2014]

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2 persone hanno commentato. La discussione è aperta...

  1. che tragedia immensa, leggendo sembrava di viverla.. povero angelo mio..
    per il momento no, nessun sentimento come dice Andreina solo rabbia e indignazione per chi corre troppo e mette a repentaglio la vita degli altri..

  2. Anche chi legge questa notizia sente uno sconcerto indicibile. Una bambina e il suo mondo. I suoi genitori, la neve. Una natura immacolata, sotto un sole che assiste, senza nulla poter fare per prevenire quel drammatico fatto. Un ragazzo, la sua corsa sul bianco manto nevoso. Una corsa che ha cambiato in un attimo la sua vita di ragazzo e quella futura di uomo.
    Una bambina che muore, una famiglia distrutta. Un ragazzo che ne è causa. Un’altra famiglia distrutta.
    No, non si può accettare una tragedia così. Anche a parlarne ci sembra di violare la sfera del dolore. Tacere non si può, qualcosa si deve pur dire affinchè una situazione così non abbia a ripetersi.
    Ci si sente smarriti e si vorrebbero abbracciare quei genitori, magari in silenzio e nella consapevolezza che queste tragedie sono immedicabili. Un pensiero verso quel ragazzo che starà vivendo ore tremende con la sua famiglia. C’è bisogno della ragione del cuore, c’è bisogno di aumentare la nostra capacità di capire, di amare, di riflettere. Non subito, ora emerge la rabbia, l’indignazione, lo sconforto. Sentimenti necessari che aprono la strada all’interrogarsi, alla valutazione dei comportamenti, al sapere quanto si potrebbe fare, o cosa è possibile fare per prevenire una situazione senza ritorno.

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