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Marocchini piangevano e truffavano i preti: con i contributi viaggi, vestiti e bella vita

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I Carabinieri di Castelfranco Veneto hanno portato alla luce una consistente truffa messa segno da tre marocchini ai danni di numerosi sacerdoti del nordest d’Italia che hanno sborsato decine di migliaia di euro pensando di fare opere caritatevoli.
Secondo quanto scoperto dall’Arma gli immigrati sono riusciti a impietosire i prelati facendosi consegnare ingenti somme di denaro per pagare le spese di funerali di familiari, per l’assistenza sanitaria privata, per corsi di inserimento al lavoro e molte altre situazioni di disagio che si è poi scoperto essere tutte fasulle.
In gran parte i sacerdoti, una volta sentitisi buggerarti, non hanno sporto denuncia, cosa che hanno poi fatto solo dietro opera di persuasione degli investigatori.
I militari hanno scoperto che le vittime prese di mira sono un po’ in tutto il nordest: in Trentino Alto Adige come in Friuli Venezia Giulia, e sopratutto in Veneto (nelle province di Padova, Treviso, Vicenza, Belluno, Rovigo).
Alcuni sacerdoti hanno prelevato denaro dal Fondo di Solidarietà, elargendo somme anche di 5 mila euro alla volta. Cifre consistenti per un ‘bottino’ utilizzato dai marocchini, due residenti nel trevigiano è uno nel bellunese, per fare bella vita.
A quanto pare i tre si sapevano ‘vendere’ bene le loro disgrazie: tutti disoccupati, si erano ingegnati un sistema per far soldi ai danni di sacerdoti, mettendo in atto tutte le tecniche degne dei più grandi attori per raggiungere lo scopo.
Infatti, quando si presentavano nelle canoniche, piangevano disperati, assumevano atteggiamenti di forte prostrazione, snocciolando una serie di accadimenti che finivano per impietosire il parroco di turno che, alla fine, consegnava tanta banconote quante richieste.
Colpi da 300 euro fino a oltre 5 mila euro alla volta.
Si andava dai 3 mila euro per ritornare in patria e pagare le spese funebri della madre accoltellata, e poi morta, per mano del padre che si era poi suicidato in carcere per disperazione ai 5 mila euro per oblare una multa inflitta dall’Arma per essere stati pizzicati a fare il commercio ambulante senza averne titolo. O 600 euro per l’acquisto di una lavatrice, o 1.200 euro per saldare le bollette di casa.
Altri 5 mila euro sono stati presi dai frati Cappuccini dal Fondo di Solidarietà della congrega per pagare un corso di pizzaiolo a Badia Polesine (Rovigo), che hanno poi acquistato e donato i pc per seguire on line le lezioni e due auto per recarsi nel rodigino. Visto che i soldi sono andati direttamente alla struttura che organizzava i corsi (peraltro mai frequentati), i tre indagati hanno rivolto la stessa richiesta ad altri sacerdoti riuscendo a farsi dare denaro contante.
I tre ripetevano, con lo stesso schema di ‘esigenza’, la truffa a molti altri sacerdoti. Qualche prelato, preso da commiserazione, ha acquistato portando in una casa dei tre la legna per riscaldarsi.
I marocchini incassavano e spendevano tra ristoranti, viaggi, vestiti certi di avere trovato il loro ‘Bengodi’.
L’andazzo è andato avanti per un anno fino a quando un sacerdote castellano ha sentito puzza di bruciato e si è rivolto all’Arma.
Il maggiore Salvatore Gibilisco e il maresciallo Antonio Currò, comandante della stazione di Castelfranco Veneto, hanno voluto vederci chiaro scoprendo la truffa, individuando anche varie vittime, ma molte altre ritengono non si siano ancora fatte avanti. “Non abbiamo timore o vergogna – ha detto Gibilisco – e vengano a fare denuncia i sacerdoti che pensano di essere stati truffati”.
Il fenomeno secondo i carabinieri sarebbe ancora più esteso di quello finora accertato.

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