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Macchine come me di Ian McEwan – Il thriller retrofuturista

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Ve lo siete mai chiesti cosa sarebbe successo se il futuro fosse arrivato (prima) nel nostro passato? So che sembra strano leggere questa frase, ma è proprio in quest’ambientazione un po’ distopica di spazio e tempo, cheIan McEwan ha dato vita al suo nuovo romanzo ”Macchine come me” (Einaudi, pag. 296, € 19,50), che indaga nell’antropologia e nell’intelligenza artificiale, per dimostrare se la mente umana può essere meglio dell’altra.

L’opera è ambienta a Londra, in un 1982 futurista. Nelle isole Falkland infuriano gli ultimi fuochi della guerra contro l’Argentina. I Beatles si sono da poco ricostituiti e la voce di John Lennon continua a diffondersi via radio.
Il famoso Alan Turing, del codice Enigma, è scampato alla morte precoce e i suoi studi hanno reso possibili alcune delle conquiste tecnologiche di questi nuovi anni Ottanta, fatti di automobili autonome e primi esseri umani artificiali. Fra chi non resiste alla tentazione di aggiudicarsi uno di quei venticinque prototipi esistenti al mondo (dodici Adam e tredici Eve), c’è Charlie Friend, un 32enne che si guadagna da vivere comprando e vendendo titoli online. Charlie è convinto che il suo Adam gli sarà di grosso aiuto, oltre che con il lavoro anche per conquistare l’affascinante ma sfuggente Miranda, la giovane vicina del piano di sopra; non sa però che il robot ha effettivamente accesso a tutto quello che si può sapere, anche i segreti che Miranda nasconde.

Adam è bellissimo, forte, capace in tutto, «articolo da compagnia, sparring partner intellettuale, amico e factotum» secondo le promesse dei costruttori, ed è con questa descrizione, che il protagonista del romanzo si decide ad investire l’eredità della madre.
Punta tutto su questo robot, che all’inizio non ha una personalità, che vive grazie alle informazioni e agli impulsi esterni, ma che pian piano sembra acquistare una propria autonomia.

«Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno» dicevano. Ma è proprio quando un’intelligenza artificiale tanto sofisticata, inizia ad anteporre la coscienza alla scienza, che il concetto di danno può essere più profondo e micidiale di quel che appare. Ed ecco che Adam sembra essere uguale a noi nel bene, ma forse non nel male.

In Macchine come me, Ian McEwan si ritrova così a fare il doppio lavoro: indagare nella mente e nell’animo umano, mettendolo a confronto con quello artificiale. Ritorna in libreria con un romanzo che come al solito non è né banale né scontato, che va analizzato, nei suoi concetti essenziali, nelle sfumature, nei discorsi e nelle descrizioni.

Lo scrittore britannico intreccia magistralmente il ménage à trois personale e la filosofia, con il thriller e la suspense, dimostrando che tutti possono sbagliare, anche le macchine: del resto, è l’imperfezione ciò che ci fa umani. Anche se l’uomo-macchina apprende sì dagli errori, ma seguendo una logica intelligente ma disumana, guidata dal sistema di algoritmi in base al quale è costruito.

Macchine come me sembra immergere il lettore in una sorta di umanesimo 4.0, dove la tecnologia alla fine, senza raccontare troppo, si arrende alla bellezza dei sentimenti e Adam è straordinariamente empatico. Sta al lettore capire con chi entrare più empatia: sceglierai di schierarti con gli umani o con le macchine?

Alice Bianco

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