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Lettere al giornale. Dov’è Dio?

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Lettere al giornale. Dov'è Dio?

“Dov’è Dio?” è la domanda ripetitiva in questi tragici momenti. Magari fossero solo momenti!

Io da ragioniere di provincia quale sono (rag. Fantozzi) esprimo il mio pensiero. Qualcuno ha scritto “Tra il Santo e il teologo,scelgo il Santo”.

Il Santo mi ha mostrato il suo volto almeno in due occasioni, forse in tre, o anche più:

–Suor Elisabetta, piccola, minuta e davvero bruttina, che nella casa di riposo, mi invitò a prontamente asciugare i capelli del giovane down, che si era sporcato lordando sé stessa “Perché questi ragazzi down sono molto più delicati di noi e basta poco perché muoiano!” e al mio istintivo gesto (aprii fatalisticamente le braccia) si erse e con l’indice puntato esclamò “Eh no! Anche loro sono creature di Dio! Se ci sono vuol dire che c’è un perché”;

–Saro, muslim, immigrato senegalese, vuccumprà all’ ingresso dell’Ospedale, che mi forniva di gadgets per l’acquisto solidale e accettava i miei abiti divenuti stretti di vita. Quando mi vide passare velocemente, senza che mi trattenessi come d’abitudine, mi chiese una volta all’uscita. “Cosa succede Paulo?” e quando gli dissi di mio papà, ricoverato per la frattura del femore, della continua assistenza dei miei fratelli e mia perché stesse quieto, senza staccarsi catetere, flebo e ossigeno, perplesso guardò la mia barba bianca e, vincendo il suo disagio, mi chiese “Scusa, quanti anni ha ton père?”. Alla mia risposta “Novantadue, Saro. Ha novantadue anni.”, seguì il suo imbarazzato silenzio e, infine, le sue illuminate parole: “Paulo, io non so, tu non sai, neppure les docteurs sanno cosa sia giusto. Che tuo papà guarisca o che muoia. Ma Dio lo sa e io pregherò perché faccia ciò che è giusto”;

–Nell’allora piovoso ottobre 1961 ero a Genova Pegli, il mio primo impiego presso Olivetti. Ero sulla spiaggia sassosa (c’è ancora?)di Boccadasse, si chiama così mi pare di ricordare. Sconsolato guardavo il mare, che mi pareva troppo mosso. Nostalgia di casa, solo, con pochissimi denari. Un pescatore, accidenti non ne ricordo il nome, non so come né perché, ruppe la mia solitudine: “Giovinotto, è ora di pranzo. Dove vai a mangiare?” – “Vado In trattoria, tra poco”, “Mangiare da soli è peggio che dormire da soli. Vieni a casa mia, da me.” Gridò “Romilda, metti un piatto in più, che il giovinotto mangia con noi.” Fu il piatto più gustoso che ancor oggi ricordi, in quella povera casa sotto i tetti, al sesto piano (era il sesto?), una scala stretta e tortuosa. Conobbi la solidarietà offerta a me sconosciuto, allo spezzar del pane.

Ecco dove io ho incontrato Dio, e dove lo vedo ora: nell’offerta di medici e di infermieri volontari, ne chiedevano trecento, per rimpiazzare gli esausti e, tra loro, quelli morti per il contagio. Si sono offerti in ottomila. Non possiamo conoscere il loro credo: vediamo le loro azioni. Lì c’è Dio. Io, ragionier Fantozzi di provincia, lì io vedo Dio.

PAOLO ANGELO NAPOLI
Bovezzo (BS)

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