Peccato dover partire da un fatto odioso per poi arrivare al convincimento che forse le questioni più delicate meriterebbero più attenzione, più educazione, più cultura. E più cuore.
Chissà cosa ha provato la studentessa tredicenne di Legnano messa all’angolo dall’incoscienza dei suoi stessi compagni di scuola, che con un tam tam indegno, si sono comunicati, tramite il fedele e ubbidiente cellulare, che alla Gita a Mauthausen, lei la compagna autistica, non la volevano proprio. E men che mai l’avrebbero accettata come compagna di stanza. Gli adulti che gravitano intorno a questa vicenda odiosa, sono appena percepibili: i genitori degli altri ragazzi? Gli insegnanti?
Intanto la madre della ragazza umiliata mastica bocconi amari, ma per fortuna le telefona la Ministra all’Istruzione Stefania Giannini, che fa trapelare l’opportunità della sospensione della gita e invita la famiglia a Roma per un incontro in grado di rilevare problemi e soluzioni per tutte le circostanze simili che possono presentarsi in futuro.
Salvifica e consolatoria la proposta della Fondazione Museo della Shoah, che in accordo con il presidente Mario Venezia, Riccardo Pacifici della Comunità ebraica, e del provveditore di Milano, Marco Bussetti, accompagnerà la studentessa e la sua famiglia a Mauthausen.
Rimane comunque in sospeso tutta la questione, che ora gli ispettori vogliono accertare e che in ogni caso, non solo è tardiva e colpevole, ma mette in evidenza l’assurdità del ripetersi di questi fenomeni dentro (e fuori) le scuole, la miseria dei silenzi che circondano fatti odiosi, in una specie di cecità (ignara?) che tutto copre e assorbe.
Forse è colpa del cellulare che occupa tutto lo spazio visivo e mentale che il suo ruolo gli assegna? E’ lui, anzi esso che induce all’irresponsabilità?
Per il momento, quindi, niente viaggio in Austria, in quel luogo così significativo per la storia e per la formazione di giovani così capaci di produrre dolore, così corali e complici nella loro insensatezza.
Certo colpevole può essere solo la giovane età e c’è sempre tempo (volendo) per rimediare. Non guasterebbe qualche esempio, qualche presa di posizione, qualche colpo d’orgoglio da parte del mondo adulto. Tant’è.
La Fondazione del Museo della Shoah mette la sua esperienza a disposizione della scuola, dei giovani e dei loro genitori, attraverso quella difficilissima strada che si chiama parola, con ascolto e riflessione.
E’ probabile che ci sarà il viaggio per quella classe di Legnano. E poi la scuola fra un mese, due, è finita.
Andreina Corso
18/04/2016
(cod viauti)