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Lavoro portuale sempre più automatizzato. Siamo uomini o robot?

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porto di venezia

Siamo uomini o robot?

Negli ultimi anni il settore dei trasporti sta attraversando una fase di profonda trasformazione, riconducibile essenzialmente all’ingresso di nuovi e sempre piu’ sofisticati sistemi tecnologici.
Tale cambiamento ha interessato anche i principali porti europei, dove ormai da tempo si assiste ad una graduale modifica del tradizionale assetto del lavoro portuale.

Al netto di quelli che possono essere gli indiscutibili vantaggi derivanti dall’avvento dei processi di automazione e digitalizzazione, soprattutto sotto il profilo della qualita’ del lavoro, resta da considerare la questione relativa alla conseguente ed implicita riduzione del capitale umano in termini di occupazione.

I rischi sono purtroppo concreti: secondo uno studio congiunto, realizzato dall’itf (federazione internazionale dei lavoratori dei trasporti) e dalla world maritime university, alcune figure professionali, come ad esempio quella degli addetti al carico/scarico delle merci e dei gruisti, potrebbero essere nell’arco di un ventennio definitivamente soppiantate.

Emblematica e’ stata la vicenda del porto di rotterdam, dove la transizione verso l’industria 4.0 e’ stata praticata in modo decisamente consistente e per certi aspetti anche in maniera piuttosto cinica.

Nello specifico, la nascita del secondo terminal (apmt), completamente robotizzato, ha dato luogo a durissimi conflitti con le parti sociali, le quali solo dopo estenuanti trattative “sono riuscite ad evitare l’estromissione di gran parte delle maestranze dal contesto produttivo”.

Nel porto di amburgo invece, uno dei principali scali del nord europa, i contenitori sui piazzali vengono gia’ movimentati con carrelli pilotati da un unico centro di comando, anche in questo caso non senza ripercussioni sul fronte dell’impiego di manodopera.

Pur nella consapevolezza che il progresso non possa essere arrestato, si possono tuttavia introdurre meccanismi, atti a limitare gli effetti collaterali dell’innovazione tecnologica sui lavoratori, mediante apposite misure di politiche sociali e soprattutto facendo leva sul fattore determinante della formazione e riqualificazione professionale.

La vera sfida e’ pertanto rappresentata dalla capacita’ di saper governare e regolamentare questi processi di sviluppo, partendo tassativamente dalla centralita’ che deve essere assicurata all’individuo.

All’interno di questa cornice, risulta indispensabile stabilire regole, valori e leggi che definiscano una sorta di codice etico per le intelligenze artificiali, affinche’ esse siano effettivamente al servizio dell’uomo e non viceversa.

A mio parere, per poter attuare cio’, occorre che tutte le parti in causa (decisori politici, istituzioni, imprese, sindacati, ecc.), anticipino l’impatto che questi cambiamenti avranno sul comparto (portuale), facendosi interpreti di una tecnologia intesa non come una minaccia da scongiurare, bensi’ come strumento di un nuovo umanesimo.

felice magarelli

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