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La Selva Oscura, nostra intervista all’autore Francesco Fioretti

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Francesco Fioretti La Selva Oscura

A scuola quando si comincia a leggere la Divina Commedia è sempre un salto nel vuoto. Ma se da una parte siamo intimoriti dalle Bolge che Dante descrive in maniera così dettagliata da mettere in moto tutti i nostri sensi, dall’altra siamo affascinati da questo mondo così lontano eppure così vicino, da una serie di personaggi che hanno popolato i nostri studi e il nostro immaginario.

Un peccato però che, per avvicinarsi a questo universo, ci voglia tempo, dedizione e studio, cosa che, purtroppo, manca quasi sempre. Per fortuna ci viene in soccorso La Selva Oscura di Francesco Fioretti, edito da Rizzoli, che ripropone la Cantica più famosa del Sommo in prosa, parafrasandola, rendendola finalmente accessibile a tutti.

Fioretti, tratteggiando l’universo in cui Dante vive, sforna un sottile parallelo con la società odierna dove “un nuovo Davide, non avido di terra e di denaro, riscatterà la povera Italia, strangolata dai debiti e dalle speculazioni delle sue banche“.

Un narratore onnisciente che tutto sa e tutto dice, un terzo viaggiatore-voyeur che osserva e fa da tramite con il lettore che riesce, attraverso una prosa coinvolgente, moderna, ma che non perde il suo legame con quella letteratura alta, ma allo stesso popolare dantesca, a comprendere pienamente anche i significati più nascosti dell’Inferno.

La Selva Oscura è uno di quei romanzi-gioiello, che fanno aprire gli occhi verso un mondo letterario inacessibile ai più, al quale Fioretti ridona e restituisce ancora una volta quel senso di immortalità che appartiene ai poeti come Dante per diritto, ma che troppe volte ci dimentichiamo a causa di una lingua troppo ostica dalla nostra attuale.

Abbiamo intervistato per voi proprio Fioretti, sentite cosa ci ha raccontato del suo libro

Prima di tutto grazie per questo libro. Dai tempi del liceo volevo riprendere in mano la Divina Commedia, l’Inferno in particolar modo, e mi chiedevo se mai qualcuno avrebbe parafrasato una delle opere più belle ed interessanti della letteratura italiana, per ciò, grazie.
E quindi cominciamo, com’è nata l’idea di questo libro?
È da tempo che ci penso. Prima la pratica dell’insegnamento, poi l’esperienza all’estero (dove ho conosciuto appassionati della Commedia che l’avevano letta tutta, ma in traduzione) mi hanno convinto che bisognasse provarci. La Commedia è una lettura straordinaria, ma di solito per godersela pienamente occorrono anni e anni di studi, quindi, anche se so benissimo che non è esattamente la stessa cosa, pensavo che l’idea stessa di potersi leggere Dante recuperando almeno in parte l’esperienza estetica originaria potesse essere apprezzata dal grosso pubblico.

Cosa crede che sia cambiato nella letteratura d’oggi per cui la maggior parte degli scrittori sono semplici meteore e si fatica a trovare un libro che, nel futuro, diventerà un classico come la Divina Commedia?
È cambiata l’idea che abbiamo dell’uomo, e il discorso non vale solo per la letteratura. Quando si guarda a certe opere architettoniche degli antichi Romani o del Rinascimento si ha l’impressione che gli artisti lavorassero per l’eternità, mentre noi sappiamo che il nostro cemento armato non dura più d’un secolo. Dante scriveva per coloro che questo tempo chiameranno antico, oggi l’industria editoriale non lavora per i posteri, produce per vendere. Qualche opera destinata a sopravvivere ci sarà anche oggi, ma potrebbe giacere nel cassetto di qualche autore che nessun editore pubblicherebbe o che qualcuno ha pubblicato e di cui i media non si sono accorti.

Il progetto della Selva Oscura è qualcosa di affascinante, ricco d’introspezione in cui allo stesso tempo lei è un narratore onnisciente, ma anche un voyeur, un terzo viaggiatore nelle bolge dell’Inferno. Com’è stato il lavoro di preparazione alla scrittura?
Far raccontare il viaggio da un narratore esterno era l’unica via praticabile per ottenere il duplice effetto di conservare il più possibile la narrazione dantesca e al tempo stesso dilatarla quando occorreva renderla più agevole al lettore contemporaneo. Dante ad esempio parla di personaggi che ai suoi tempi erano noti a tutti e che oggi nessuno conoscerebbe più se appunto non ne avesse parlato lui. Per fare in modo che il lettore odierno si trovi nella stessa condizione dei primi fruitori del poema, bisogna integrare nel testo qualche notizia o rendere più esplicito il senso di qualche allegoria che il Medioevo dava per scontata. In qualche caso è stata anche necessaria qualche più esplicita intrusione del narratore esterno: quando ad esempio nella Commedia prende la parola in prima persona Dante-poeta, che racconta di Dante-personaggio, ma al tempo stesso si rivolge al suo pubblico con un’apostrofe, la terza figura del narratore esterno emerge moltissimo. Ma non c’era altra strada che regolarsi caso per caso, senza seguire una regola fissa, e quindi ogni canto è una storia a sé.

Com’è nata la sua passione per Dante?
Al liceo, con un ottimo insegnante di italiano, si chiamava Antonio Lanci, scomparso recentemente: aveva curato diverse voci dell’Enciclopedia Dantesca. A quindici anni ho letto la Vita nova, in un’edizione del Sapegno che ho trovato in casa. Era una strana epoca, tra giovani si parlava di sesso, tra adulti era ancora un argomento tabù, invece Dante parlava d’amore: posso dire con certezza che Dante sia stato il primo essere umano a raccontarmi una storia d’amore.

Ha per caso in progetto di fare lo stesso lavoro anche per le altre due cantiche del Purgatorio o del Paradiso?
Sì, ma dico subito che il Paradiso sarà difficilissimo e che non è detto che l’editore decida di pubblicarlo. Il Paradiso, anche se – ammesso che io riesca a farlo bene – può risultare la più bella delle cantiche, è anche la più difficile e in genere la meno amata dal pubblico.

Ultima domanda, vista l’attualità della Commedia: se potesse lei oggi essere Dante chi collocherebbe nei vari gironi dell’Inferno?
Non posso rispondere così su due piedi. Dante si serve di un paio o poco più di exempla per ogni cerchio infernale, quindi per qualche colpa (pensiamo ai barattieri, i politici corrotti) si tratta di selezionare tra una gran folla di personaggi. Altri (prendiamo Berlusconi) non si saprebbe dove metterli: tra i lussuriosi? Tra i consiglieri fraudolenti? O (per l’unica cosa per cui è stato condannato) in altra zona di Malebolge? E magari, invece, per la sua buona condotta ai servizi sociali finirà in Purgatorio.

Sara Prian

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