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La Scuola riparte: dubbi e incertezze. Di Andreina Corso

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Il buongiorno alla Scuola lo annuncia lo sciopero dell’Anief (Associazione Nazionale Insegnanti e Formatori), in segno di protesta e di scontro con il Governo accusato di tardare a dare risposte e soluzioni concrete che consentano di riprendere le lezioni in sicurezza.
Soluzioni che evidentemente, secondo l’Anief, promotore dell’agitazione, ” non possono esaurirsi nell’estensione del Green Pass scuola a tutto il personale scolastico interno ed esterno e ai genitori. La sicurezza a scuola non potrà esserci, secondo il sindacato, fino a quando non sarà garantita la distanza minima di sicurezza all’interno delle aule, vecchio e mai risolto problema della scuola italiana”.
In ogni caso, oggi si riparte in 10 regioni e altre 8 se ne aggiungeranno nei prossimi giorni con un personale scolastico vaccinato al 90% e con la sensazione, a giudizio dei docenti e delle famiglie, che i problemi attinenti alla scuola, non siano stati valutati con la dovuta attenzione e alcuni addirittura ignorati. Fra questi spicca la formazione delle classi che anche in ragione della delicatezza che la pandemia richiama, avrebbe dovuto tener conto di una semplice ma utilissima precauzione.

Diminuire il numero degli alunni e degli studenti per classe, evitando l’effetto pollaio e le sue conseguenze, non sembra ai lavoratori della scuola e alle famiglie una richiesta eccessiva, suggerita anche dai medici e dalla stessa comunità scientifica.
Una prevenzione semplice, non impossibile da realizzarsi, eppure al terzo anno di coinvolgimento pandemico e dell’esperienza faticosa della didattica a distanza, le classi di oltre 25 studenti in aule strutturalmente inadeguate, sono ancora qui, com’erano e dov’erano.
La rivista Tuttoscuola ha curato un dossier e specificato che “nel primo anno delle superiori le classi con oltre 26 studenti sono state complessivamente 3.652, pari al 14,8% su 24.613 prime classi esistenti.
Nelle scuole di ogni ordine e grado sono oltre 13 mila in cui studiano quasi 400 mila studenti. In fondo sono una percentuale modesta sul totale. Ragione sufficiente che renderebbe possibile una soluzione, pur complessa, ma comunque realizzabile in tempi straordinari. Nemmeno una pandemia mondiale ha spinto a cercare una soluzione significativa nonostante i tanti annunci degli ultimi due governi. Dato che non sarà più obbligatorio il metro di distanziamento in classe, con le quarantene in caso di positività al virus diminuite da 10 a 7 giorni, si tornerà a parlare del problema”.
Senza contare che forse si poteva approfittare della diminuzione di alunni per classe per rinnovare l’approccio didattico e educativo, concedendo maggior tempo e attenzione a ogni studente, ascoltandolo, seguendolo nei suoi bisogni specifici e valorizzando il rapporto umano, indispensabile nella formazione degli studenti che frequentano la scuola, non un’azienda.

Puntuale si rinnova il problema del precariato, che oltre a penalizzare i docenti, danneggia anche gli studenti. “Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha celebrato l’aumento delle assunzioni tra i docenti già precari che lavorano da anni in aula come un successo. Quest’anno saranno 59 mila insegnanti, l’anno scorso erano stati 19 mila, «quindi sono tre volte tanto» ha commentato. Vero, ma i posti vacanti disponibili sono ancora 120 mila.
Dall’Unione europea si chiede di rispettare una direttiva che impone di stabilizzare chi ha lavorato nella scuola per tre anni consecutivi negli ultimi cinque. Potrebbe arrivare una richiesta di assumere in ruolo almeno 70 mila precari entro un anno, richiesta da non sottovalutare dal momento che le risorse del Pnrr sono state legate a una serie di adempimenti normativi come accade nella logica della politica pensata come un management per obiettivi.”(Fonte il Manifesto)

Obbligo del Green pass, minaccia di sospensione dello stipendio per chi non è vaccinato, sono argomenti che creano polemiche a non finire e che rendono l’inizio del nuovo anno molto più simile a una guerra di trincea, a un ambiente poco consono all’accoglienza, al clima sereno, che gli studenti meriterebbero, dopo tanti sacrifici ed essersi adattati con responsabilità all’esigenza della comunità.
Molto di più la Scuola si sarebbe aspettata in termini di prevenzione, di medicina scolastica necessaria per il riconoscimento e il trattamento del Covid. Per ora, a parte le finestre aperte anche a gennaio per aerare le aule, si conosce il progetto sperimentale dei test salivari a 55mila alunni (su 4 milioni 200mila), ogni 15 giorni, mentre continuano le polemiche sulla gratuità dei tamponi.
Rispetto l’analisi dei dati, preoccupa il rapporto sulla situazione epidemiologica diffuso dall’Istituto Superiore di Sanità che ha verificato un aumento della circolazione del Covid nella fascia under 12 e questo dato dovrebbe indurre a ‘rimediare’ e a far coincidere i provvedimenti con la garanzia della tutela della salute e del diritto allo studio.

Andreina Corso

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