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La Scuola Cattolica (Venezia 78.)

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Ogni paese ha la sua cinematografia “tipica”; ovverosia la lingua standard per realizzare una pellicola.
Un film francese medio si riconosce a prima vista anche senza sapere che film è, uno americano idem.
E così via. E in Italia abbiamo anche noi il nostro mainstream.
Questo film tratto dal libro monstre di Albinati (premio Strega) non sfugge alla regola.
Infarcire la pellicola con attori contemporanei assieme a facce del passato recente, costruire un racconto storico muovendosi non direttamente nel fuoco della narrazione ma cercando raccordi col passato dei personaggi e dell’ambiente: la conseguenza si chiama “manierismo”.
E anche il film di Mordini non sfugge alla regola.
“La scuola cattolica” racconta i prodromi che han portato a una delle pagine di violenza più orribili del nostro Paese. E non solo; una pagina orribile tout court.
Nel mettere in scena parte del romanzo il regista trova un epicentro nell’istituto superiore san Leone Magno.
Scuola frequentata dall’alta borghesia dei Parioli: coagulo di tensioni sessuali e criminali.
Niente classi miste, maschi da una parte, femmine dall’altra.

Ed è in questa tensione e nelle scoperte della propria natura, per vie alternative, che il film presenta la sua chiave di lettura.
Il sesso, il potere.
In un’epoca in cui in Italia la tensione politica tra schieramenti era alta e si rifletteva anche nel cinema di genere.
Ma il film presenta un grosso limite.
Il contesto politico generale è solo accennato: le figure di Ghira, Guido e Izzo sono studiati solo sul versante patologico e molto poco dal punto di vista militante (i loro curriculum di anarcofascisti è impressionante sin dalla giovanissima età).
L’intreccio delle varie vicende, sia dei protagonisti che delle famiglie è convulso ed è così ammassato e poco sviluppato che lo sguardo narrante del personaggio che fa Albinati (anche lui uno studente dell’istituto) fatica a fare chiarezza.
Non c’è fascismo, insomma, in questo film. C’è un ritratto della Roma Bene che è verosimile ma non così incisivo.

Siamo insomma nella parrocchietta di un cinema che ha dato pellicole come Romanzo Criminale e altro.
Sembra strano detto da me ma se ci fosse stato dietro la cinepresa il Sorrentino de Il divo avremmo visto ben altro e ben meglio.
Al termine il film ci concede la messinscena delle violenze subite dalle povere Rosaria e Donatella.
Un momento, secondo me, che alza l’asticella del film, pallido ricordo dei momenti caldi del cinema del tempo, i rape & revenge movies (vedi “Salò” o almeno il ripugnante ma cinematograficamente abile “L’ultimo treno della notte, citato tramite una locandina che si intravede nella scena in cui si incontrano gli assassini con le vittime).

Certo è giusto quel che si sente dire da Edoardo : essere maschi “è una malattia”, le donne nel film sono pezzi di carne da usare e distruggere. Ma è un merito di Albinati e non tanto della messinscena.
Comunque un plauso a Luca Vergoni che è spaventosamente somigliante a quel disgustoso animale che tutt’ora è Angelo Izzo.

Ci voleva un film più complesso, più militante, meno legato a certe nostalgie inconsce sugli anni 70, più coraggioso nel mostrare l’orrore.
Infatti la scena del massacro, con tutti i suoi limiti, combina violenza grafica e costante pietas per le due povere donne, una morta e l’altra miracolosamente sopravvissuta a torture, droghe, sprangate, violenze sessuali (ricordo che i tre macellai le caricarono dentro il portabagagli di una 127 e allegramente andarono a mangiarsi una pizza e fare a botte con i compagni).
Più coraggio, cinema italiano.

VENEZIA 78:
“LA SCUOLA CATTOLICA”
Regia: Stefano Mordini
con
Benedetta Porcaroli, Giulio Pranno, Emanuele Maria Di Stefano, Giulio Fochetti, Leonardo Ragazzini, Alessandro Cantalini, Andrea Lintozzi, Guido Quaglione, Federica Torchetti, Angelica Elli, Gianluca Guidi, Luca Vergoni, Corrado Invernizzi, Francesco Cavallo, Fabrizio Gifuni, Valentina Cervi, Valeria Golino, Riccardo Scamarcio, Jasmine Trinca

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