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LA MIA VITA E' UNO ZOO | La Storia prima della storia

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La poetica cinematografico-musicale di Cameron Crowe al servizio del romanzo autobiografico di Benjamin Mee, con Matt Damon, Thomas Haden Church, Scarlett Johansson e la sempre più lanciata Elle Fanning.

Luca Ferrari, giornalista/ fotoreporter
ferrariluca@hotmail.it

Abbandonare la città , e vivere in un mondo agreste in compagnia di leoni, tigri, lemuri, e zebre? Perché no. A qualcuno succede. È la storia autobiografica del giornalista Benjamin Mee, che rimasto vedovo e con due figli, nel cercare una nuova dimora, scopre e compra casa nel Dartmoor Zoological Park, trenta acri vicini al villaggio di Sparkwell (contea del Devon, nel sudovest inglese), tutt’oggi aperto. Questa incredibile vicenda è diventata un film. “La mia vita è uno zoo” (We Bought a Zoo, 2011), diretto dal regista premio Oscar, Cameron Crowe.

A distanza di sei anni, quando alla 62° edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia venne presentato nella sezione “Fuori concorso”, “Elizabethtown”, il regista e sceneggiatore di Palm Springs torna a raccontare una delicata storia familiare fatta di cambiamenti emotivi, lutti e quel tappeto sonoro che in pochi sono capaci di realizzare. Non tutti d’altronde si sono auto-svezzati scrivendo recensioni per la rivista Rolling Stone, intervistando leggende come Eric Clapton e Neil Young, girando un film con di sfondo l’allora scena nascente di Seattle (Singles, 1992) e realizzando infine un lungometraggio su una delle ultime immortali rock band (Pearl Jam Twenty, 2011). Non tutti d’altronde si chiamano Cameron Crowe.

Benjamin (Matt Damon) fa quello che può, ma la perdita dell’adorata moglie Catherine (Stephanie Szostak) da poco deceduta, si fa sentire. A peggiorare le cose, il difficile rapporto con il figlio maggiore Dylan (Colin Ford), tredicenne inquieto, ancora incapace di digerire la scomparsa della mamma, e che riversa il suo malessere su macabri disegni e bravate che gli costano anche l’espulsione dalla scuola. Goccia che fa traboccare il vaso nei rapporto con il genitore, il cambio di casa in favore della folle impresa di rimettere in sesto uno zoo abbandonato, lontano dalla città  e dai suoi amici. “È il tuo sogno, non il mio” gli dice arrabbiato. Decisamente di spirito più dolce, considerata anche la giovanissima età , la piccola e adorabile Rosie (Maggie Elizabeth Jones), che anzi, sarà  la prima sponsor della nuova vita in mezzo al verde della campagna e gli animali.

L’emorragia emotiva è evidente. C’è chi l’affronta con il distacco di un quaderno e le cuffie, chi con il lavoro, chi con il ricordo e la spensieratezza. Impacchettato tutto, la famiglia Dee viene accolta dal variegato nucleo umano che lavora allo zoo, e il cui futuro dipende dalla capacità  di Benjamin di lavorarci seriamente alla rimessa a nuovo. A parlargli chiaro fin da subito è l’agguerrita responsabile della struttura, Kelly Foster (Scarlett Johansson), supportata dal carpentiere tutto fare Peter McCready (Angus MacFadyen), instancabile lavoratore ma che perde la testa solo a sentir nominare il nome di Walter Ferris (John Michael Higgins), l’ispettore zoologico che è convinto gli abbia rubato delle idee oggi applicate a tutti gli zoo del mondo. C’è poi la dolcezza adolescenziale di Lily (Elle Fanning), cugina di Kelly, con una cotta per Dylan che al contrario non è mai dell’umore per ricambiare le sue sincere attenzioni. Lavora al ristorante dello zoo, e ogni pomeriggio alle 4 spaccate quando finisce il turno, gli porta un panino talvolta lasciandogli dentro dolci biglietti scritti a mano.

Benjamin è un padre impacciato. Timidamente attratto da Kelly. Un marito che rivede lo sguardo della moglie nel figlio. Un essere umano fragile che (in)consciamente cerca supporto anche tra chi non ha l’età  per avere quel ruolo, e il risultato è inevitabilmente all’insegna della fragilità  calpestata e dell’incomprensione, anche se la soluzione spesso è più facile di quello che si pensi. Iniziare a parlare. “Proviamo a dirci quello che ci piacerebbe sentirci dire dall’altro” suggerisce Benjamin a Dylan. Dall’inquietudine esce una luce, quella che Lily si domandava perché non ci fosse mai nei disegni del giovane Mee, e il primo disegno a uscire dall’oltretomba è il volto di una tigre, che diventerà  il nuovo logo del parco.

Kelly è una precaria tornata a vivere con la madre, senza vita sociale. Il destino degli animali in pericolo la porterà  a condividere qualcosa di più con il neo-proprietario, da cui è affascinata. “Sponsor” fin da subito di questa possibile relazione è Duncan (Thomas Haden Church), il fratello maggiore di Benjamin. Anche lui una vita un po’ sopra le righe, e segnato dall’essere stato mollato dall’amata fidanzata. Ora fa il commercialista. Il suo motto “hai bisogno di soli 20 secondi di insano coraggio” è sempre lì, pronto per essere usato. Con questo spirito Benjamin si presentò a Catherine. Adesso è tempo di ricominciare a osare.

Standing ovation per il sorriso solare di Lily. Un fiume in piena. All’arrivo dei nuovi inquilini, disegna un cartello dentro il ristorante, e visibile da fuori, con la scritta “WELCOME BRAVE NEW OWNERS – benvenuti nuovi coraggiosi proprietari”. Quando si stufa di fare la corte all’ombroso Dylan, inizia a ignorarlo fino a lasciargli un cartello fuori dalla finestra della propria casa con la scritta “IF YOU LOVE ME, LET ME KNOW – se mi ami, fammelo sapere”.

Lo schiaccianoci 3D (2010), Somewhere (2010), Super 8 (2011) e ora “La mia vita è uno zoo” (2011). Elle Fanning non sbaglia un film. Dopo essere stata diretta da Sofia Coppola, prossimamente la vedremo diretta anche dall’illustre padre (Francis Ford) della regista, in Twixt. La giovanissima attrice classe 1998 è sempre convincente e spontanea nei ruoli che interpreta.

Vedere un film di Cameron Crowe è sempre un’esperienza non comune. Specialmente per la colonna sonora. Live da dentro il cinema. “C’è poca gente. Come piace a me. Sono ancora che sto canticchiando nella mia mente – Don’t Be Shy – del leggendario Cat Stevens ascoltata precedentemente, e continuo a chiedermi quando dal cilindro sonoro della pellicola uscirà  qualche melodia a me più cara. Poi nella quiete del ristorante dello zoo, in un momento di relax, la canzone scelta dal jukebox è – Hunger Strike – dei Temple of The Dog. Una band occasionale che fece un solo e omonimo album (1991) in memoria di Andrew Wood, e formata da quattro membri dei Pearl Jam (Stone Gossard, Jeff Ament, Eddie Vedder, Mike McCready), il cantante e il batterista dei Soundgarden, Chris Cornell e Matt Cameron, quest’ultimo dal 1998 dietro i tamburi anche dell’altra rock band. Fino all’ultima flebile melodia, scandisco parola per parola mimando con le mani il suonare una chitarra, incurante che il tutto possa non essere gradito da una mamma e le sue due figlie sedute dietro di me. Frugo nelle tasche con la romantica idea di tirare fuori l’accendino e far ondeggiare la fiamma con il braccio alzato, come se fossi a un concerto… grazie Cameron”.

Titoli di coda, con una novità . Prossimamente al Dartmoor Zoological Park arriveranno anche le giraffe. Sì, alle volte le storie hanno il lieto fine prima ancora di entrare nel Grande Schermo.

Cosa dicevi di Babbo Natale?…

[15/06/2012]

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