NOTIZIE CINEMA | “Una volta ho visto Piazza Navona con la neve?” “e com'era?” “bianca!”. Roma, Italia. Il paese delle ovvietà , dell'apparenza, dello sfarzo, ma anche delle belle cose effimere, di una terrazza in attesa di un'alba dopo una notte mondana o di un monumento.
Jap Gambardella (Tony Servillo) è un giornalista affermato che racconta Roma sotto tutti i suoi aspetti. Passa la vita tra mondanità e momenti di solitudine finché arriva il momento di affrontare la vera vita di un 65enne.
La grande bellezza, in concorso al 66esimo Festival di Cannes, è uno diquei film che, a dispetto delle sue due ore e mezza, riesce a farsi strada dentro lo spettatore a volte devastandolo (la scena della bimba che dipinge in lacrime è più violenta di qualsiasi scena di tortura vista negli ultimi anni al cinema), altre provocandone un amaro sorriso per le assurde ma reali condizioni dei personaggi che popolano la pellicola. Personaggi, questi, che richiamano più il Fellini onirico di 8 1/2 che quello de La dolce vita, in un circo di caratteri e caratteristi che riescono a dare in maniera visiva l'idea di una Roma spaccata tra l'immensa tristezza e la grande bellezza.
Un viaggio voyeuristico quello creato da Paolo Sorrentino, attraverso gli occhi di Jap che procede per accostamento d'immagini anche in forte contrasto tra di loro e che spingono il protagonista, assieme allo spettatore, in un percorso quasi dantesco verso la presa di coscienza.
Un imperdibile romanzo di formazione dell'età avanzata che colpisce duro e fa pensare in un turbinio di emozioni che cattura come un tornado e che, alla fine, lascia devastato a rimettere insieme i pezzi di una storia che prende sempre più significato all'interno dello spettatore, inerme davanti al deserto lasciato dalla pochezza umana.
Eppure è lo stesso Sorrentino a consolarci facendoci capire che questa grande bellezza, alla fine, esiste e si trova dentro di noi, sotto lo strato di anni che ci hanno cambiato.
Sara Prian
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[27/05/2013]