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La Gioconda rubata. C’è un falso al Louvre? Nostra intervista al prof. Vinceti in arrivo a Mestre

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La Gioconda rubata. C'è un falso al Louvre? Nostra intervista al prof. Vinceti in arrivo a Mestre
La Gioconda rubata, c’è un falso al Louvre? Una teoria sconvolgente di cui chiediamo conto al prof. Vinceti in arrivo a Mestre per presentare il suo ultimo libro sull’argomento.

Silvano Vinceti ci parla con la semplicità degli uomini eruditi ma intelligenti, quella caratteristica con cui sanno farsi capire sempre. Ad un punto della nostra chiacchierata, però, ci inginocchia con un messaggio disarmante: “Non abbiamo mai certezza se un’opera che ammiriamo sia autentica o la copia di un grande falsario”.

“Professore, ma così ci toglie uno dei pochi punti fermi che abbiamo…”.
“Allora, c’è una serie di opere su cui è certa la ricostruzione storica, anche perchè sono opere murarie, ‘a fresco’, tipo ‘l’Ultima Cena’ o la ‘Cappella Sistina’, ma quando si parla di dipinti, a olio su tela o su legno, ci può sempre essere un dubbio. La presenza di falsari è talmente estesa e diffusa che storicamente è sempre stato un problema e si è sempre cercato di ridurla”.

E qui entriamo nel vivo della vicenda che ci inquieta da quando ha scritto il suo ultimo libro.

La ‘Gioconda’ esposta potrebbe essere un falso d’autore? Potrebbe esserci davvero una ‘copia’ al Louvre? Ma da dove nasce questa teoria?
“Tutto il lavoro che è stato sviluppato, te lo dico molto sinceramente, parte da una telefonata che ricevetti da parte di un personaggio che mi disse: ‘Caro professore, io so la storia sul Peruggia (Vincenzo Pietro Peruggia, è stato un decoratore italiano, divenuto famoso per aver trafugato la Gioconda dal Museo del Louvre nel 1911, ndr) che ha rubato la Gioconda dal Louvre, e non è così come tutti credono, io ho elementi che…’.”

“All’inizio – continua Vinceti – si poteva pensare ad un mitomane, ma un ricercatore deve essere umile e deve avere la curiosità e la capacità per dare valore e ascolto anche a chi non ha titoli accademici. Così lo incontrai e capii che non era una storia fantastica, non era campata in aria, quindi mi misi a fare ricerca storica. Ovviamente il mio libro non è un romanzo, non è una storia di fantasia, non è il ‘Codice Da Vinci’ di Dan Brown per capirci. Io procedo con metodo storiografico, quindi con miei collaboratori andammo a Firenze per acquisire tutti gli atti del processo che si svolse nei primi del 1914 nei riguardi del Peruggia, reo confesso per il furto al Louvre”.

“La revisione di tutti questi documenti con esame attento, in particolare, fece emergere un interrogatorio che tenne un preparatissimo ispettore francese in cui ci sono delle domande e delle risposte in cui mi resi conto che c’era qualcosa da approfondire. Una in particolare mi colpì. Quando l’ispettore francese chiede al Peruggia: “Quando lei ha preso la Gioconda che cosa ha fatto?”, la risposta che diede il sedicente ladro fu: “La arrotolai e la misi sotto la giubba, poi me ne andai”. Senza ombra di dubbio un elemento di grande incongruenza: ciò non era possibile, il perchè è spiegato nel libro. A quel punto si accese la luce e da lì ho cominciato a seguire varie tracce, tra cui gli interrogatori che si tennero in Francia ai funzionari che erano presenti quando venne rubata la Gioconda. Quindi sul libro si sviluppa una nuova narrazione basata, però, su riscontri oggettivi. Riscontri che mi portano anche ad indentificare quelli che sono, secondo me, i veri due ladri della Gioconda. Il Peruggia, al Louvre, non ci è neanche mai entrato”.

La ricostruzione è talmente avvincente che il finale (che non vi sveliamo) ci fa sorridere. Basti sapere che secondo il libro sarebbero fatte sei copie “d’autore” della Gioconda e una delle sei potrebbe essere esposta a Parigi.

“Il dipinto ritrovato, infatti, è stato autenticato da una perizia attentamente esaminata che non vale nulla secondo me e secondo i nostri accertamenti, alla luce di un percorso tecnico-storico-scientifico, ma anche di ricostruzione del rapporto tra Leonardo e il Salai che mi porta a formulare l’ipotesi che la Gioconda del Louvre potrebbe essere un falso”.

“Ma ci può dire chi, secondo lei, potrebbe essere l’autore dell’opera esposta?”
“Credo, in questo caso, che potrebbe andare bene pensare a Salai (Gian Giacomo Caprotti, detto il Salaì, allievo prediletto di Leonardo da Vinci, ndr). Salai era un grande pittore e il fatto che possa essere suo il ‘falso d’autore’, come io ritengo, potrebbe derivare dal fatto che avesse bisogno di soldi e che sapesse riprodurre fedelmente Leonardo nei più piccoli particolari avendo vissuto per 25 anni col Maestro…”

“Professore, lo sa che sta facendo incavolare la grandeur francese?”
“Ah ma questo lo so, sono già incavolati. Pensa che hanno mandato un giornalista per intervistarmi per un grande giornale francese e poi l’intervista è ‘sparita’, mai pubblicata. Guarda, diciamo che noi abbiamo posto il dubbio per mettere in condizione forse anche il Louvre e tutto il mondo degli esperti di guardare sempre con un occhio non solo estatico, ma anche di ragionevole curiosità critica, l’opera che hanno davanti. Anche perchè è già successo che molte opere, per esempio, ritenute di Rembrandt abbiano avuto molte falsificazioni. Oppure pensiamo all’ultimo Modigliani, o a Salvator Mundi, o alle diatribe tra Leonardo stesso e Giampietrino…”.

“Grazie professore, sarà bello rivederla giovedì…”
“E’ un piacere per me ritrovare Venezia”. “L’ultima volta che venni a Venezia fu in occasione dell’anniversario della nascita del Petrarca. Facevo l’autore e conduttore storico della Rai nel 2004, e proposi l’incontro tra Petrarca e il Boccaccio, trasmissioni per salvaguardare la bellezza della nostra lingua… era la continuità del Dolce Stilnovismo (movimento poetico italiano nato attorno al 1300, ndr). Venezia era meravigliosa, incomparabile, era il periodo del Carnevale… Venezia per me è un bel ritorno, ci ho fatto cose per Leonardo, Caravaggio…”

Silvano Vinceti sarà presente al Cinema Teatro Kolbe di Mestre giovedì alle ore 18 per presentare il suo libro “Il furto della Gioconda. Un falso al Louvre?”

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Giorgia Pradolin

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