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La fragilità delle certezze – Generazioni a confronto nella Milano di Raffaella Silvestri

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Malgrado tutto, bisogna continuare a combattere. Questo il motto e principio adottato dai protagonisti di La fragilità delle certezze (Garzanti, pagg 286 €16,90) di Raffaella Silvestri, un romanzo quasi di formazione, sebbene i protagonisti siano due ragazzi di 30 anni, che con la sua connotazione riflessiva ed uno stile asciutto e minimal, riesce ad entrare nel cuore del lettore, in silenzio, con malinconia ma anche tanta speranza.

Anna da sempre si sente fuori posto, eppure, nonostante le sue insicurezze e le sue paure, è tenace nell’andare avanti ed è riuscita ad avviare una startup di successo. Marcello, ma soprattutto Teo, sono i suoi soci. Quest’ultimo è un 30enne che sembra aver avuto tutto dalla vita e ad un tratto ha deciso di scommettere sul suo futuro: dopo la laurea alla Bocconi e una carriera importante, ha abbandonato tutto. Tra loro nasce un rapporto speciale, sembrano diversi eppure dovranno affrontare insieme diverse difficoltà, proprio quando la loro startup verrà travolta da un tracollo finanziario.

La loro personale battaglia con i rapporti, la solitudine e la carriera, si intrecciano alla storia italiana che, dopo aver promesso una crescita culturale, sociale ed economica, mai verificatasi, ha dato tanto ad una generazione, ma ha tolto tutto ad un’altra.
Il passato e il futuro sono le due forze che spingono Anna e Teo a rassegnarsi, ma allo stesso tempo a far qualsiasi cosa per andare avanti e ricominciare, grazie alla speranza, che li spinge sempre a combattere.

”Quell’ordine naturale che era stato lineare per i loro genitori, e i genitori dei loro genitori, per Anna e Teo non aveva nessun senso. Erano stati dalle due parti dello zero, loro: una crescita che sembrava infinta, prima, e una crisi cupa, da cui pensavano che non sarebbero usciti”.

È una strada diritta quella che i protagonisti continuano a percorrere nonostante gli ostacoli. Raffaella Silvestri delinea un rettilineo accidentato, che sembra non mostrare mai la luce, oppure, arrivati al traguardo, costringe i protagonisti a continuare a correre verso qualcos’altro, perennemente infelici.
Anna, Teo e lo stesso Vittorio, sebbene quest’ultimo sia ormai sulla cinquantina, sono destinati ad intraprendere un viaggio chiamato vita, ma ad un certo punto, anche a fermarsi, riflettere e reinventare la propria vita.

I 30enni sono l’emblema del disagio di quest’epoca, Vittorio, a parte l’età anagrafica, sempre essere rimasto imprigionato nella sua giovinezza e vivere ancora così. Milano invece, è la quarta protagonista del romanzo: la città caotica esiste nei ricordi e nel presente dei personaggi, che vivono quasi in catatonia, per darsi una scossa solamente nel finale. Andare avanti o rimanere in un punto di stasi?

La verità, quella che il romanzo grida è che non è mai troppo tardi per vivere, crescere e dare forma alla propria vita: Anna e Teo lo capiscono ed è probabilmente quello il messaggio dell’autrice stessa. L’immedesimazione è senza dubbio la chiave di lettura più adatta al libro, che toccando i punti giusti riesce ad entrare nel cuore, ovviamente a chi quest’epoca e i suoi disagi, li sta vivendo in prima persona.

Alice Bianco

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