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La costruzione di una donna. Di Anna Ruggeri (Edizioni La Gru). di Andreina Corso

Anna Ruggieri (Mestre, 1954), è stata, con cuore e anima insegnante di Scuola Primaria. La costruzione di una donna è il suo debutto letterario ed è più di un libro: è il suo percorso di vita.

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Ci si addentra fra le pagine e subito una ventata di sole ci sfiora mentre leggiamo le poesie di un’autrice di straordinaria sensibilità e garbo.
Anna Ruggieri si dona, come sa donare un’artista del suo spessore, ci regala con semplicità e rigore, la sua vita.
Ci consegna la sua esistenza, i suoi affetti, come petali di uno stesso fiore di nome Anna.
Con un sorriso, con l’autentica modestia che solo la nobiltà d’animo sa emanare, le sue poesie entrano nella nostra mente e nel nostro cuore e premono là dove la profondità del mare raccoglie pensieri che ignoravamo abitassero in noi.
Nel leggerle, sappiamo di doverlo fare con cura e in punta di piedi, perché non vogliamo, non ci è concesso di toccare distrattamente la sua poesia e la sacralità delle parole che fanno di quel poetare un viaggio umano che ci riguarda.
Questo libro risponde a una concomitanza felice.
Le pagine e l’autrice sono la stessa entità, nutrono l’anima all’unisono e il cibo che permette loro di essere e di vivere sta nella costruzione di ciò che è stato, voluto o subito da una ragazza, una donna, e soprattutto una madre.
Una mano, quella di Anna, che ha saputo stringere quelle dei suoi alunni e accompagnare la vita di suo figlio.
Il suo viaggio è quieto anche quando il cuore batte forte.
L’amore come “un pensiero in una mattinata di neve” solca il tempo della ragazza degli anni ‘70’, che nelle pagine a esso dedicato ci narra “di una spiaggia dorata nei tuoi occhi” e impallidiamo poi nel leggere: ”Confondermi ancora con la terra/ e costringere la mia mente/ per un istante/a tacere” .

E ancora, con lucido dolore: “Io invece/inghiottivo/i frammenti vetrosi/delle lacrime/di un dolore indiviso./Nessuna stella,/la più lontana/nel cielo,/era più lontana/dal tuo starmi vicino”.
La sua terra non ha grumi, è sottile e naturale al tatto, è luce spirituale che sa rinnovarsi e nutrire le piante, i bambini, le persone che incontra, che è pioggia per chi ha sete e sole che per chi ha freddo.
È una terra di pane, è grano paziente e maturo. È estate e inverno insieme, sabbia dorata e neve bianca.
Gli occhi si smarriscono nei suoi versi che come grani di un rosario ritrovato, sussurrano da lontano preghiere d’acqua, nate da torrenti in fuga, a custodire le parole, a stringere le emozioni narrate senza artificio alcuno, senza compiacimenti.

La sua poesia disarma ogni resistenza, ogni pudore, perché la commozione che ci investe ci dice che è possibile incontrare una voce poetica che è anche e soprattutto silenzio filtrato dalla fatica insieme alla gioia del vivere. Mani piene di vento, le sue, odorose di mare, di matite e di gomme da cancellare, mani che hanno toccato i quaderni dei suoi bambini, senza mai offenderli, senza segni rossi o punti esclamativi.
Mani senza risentimento, anche di fronte alle delusioni, alla fatica del vivere. Mani che conoscono l’incanto di un gesto gentile e di occhi specchiati nei suoi, anche quando l’inverno ancora miete nel cuore.

Le mani e la voce di Anna ad accarezzare la crescita del figlio: ”Mio piccolo, piccolo amore/quanto è cambiato dopo/e più difficile il cammino./Volevo vederti crescere libero/e volare con le ali/della farfalla/e non tentare timidi passi/che troppo spesso/ti hanno fatto cadere”.
Anna non cade, non può cadere, la sua forza è sostenere, se succede, si rialza perché lei è una madre che ama, perché lei è una poetessa, una poeta. Sa trasformarsi in un gomitolo, in una palla e mettersi in un angolo, e anche piangere per ‘un sogno sciupato’, per poi rialzarsi, correre e sorridere a piedi nudi sull’erba di un prato, ritrovare la forza di rivolgere gli occhi al cielo, perché i suoi versi premono per arrivare ai nostri occhi che li accoglieranno grati di tanta sapienza, di tanta bellezza nel dono.
Andreina Corso

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