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Irene Sollazzo, Venezia nel suo cinema documentario di denuncia sociale

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Irene Sollazzo, Venezia nel suo cinema documentario di denuncia sociale

Vive a Mestre, ma è di origini siciliane, è una sceneggiatrice, una regista di cinema indipendente, si è resa portavoce dei più deboli, ama il territorio che la circonda e dà voce a chi ci abita: questa è Irene Sollazzo.
Dopo aver collaborato con numerose giornali e riviste, pubblicando articoli di giornalismo sociale, oltre a recensioni di cinema e teatro, Irene si è occupata proprio di denuncia sociale ed ora, con L’Oro della Laguna, una serie di interviste e scorci sul panorama veneziano, ha deciso di affidarsi alla terra, alle sue bellezze e alle contraddizioni per raccontare il panorama, naturale, umano e culturale della laguna.

Irene ha esordito alla scrittura nel 1996 con il libro di fiabe Pensieri in Fuga, ha poi pubblicato diversi testi tra cui: Visto, il Non Visto e L’imprevisto, una monografia su Peter Weir (1998) con introduzione di Lina Wertmuller; Le donne dello Schermo di Luciano Emmer ( 2001) con la postfazione di E. Ghezzi; Istantanee (2013), una raccolta di racconti brevi e nel 2015 ha partecipato ad una pubblicazione collettiva in Italia e Argentina con un racconto su Venezia, intitolato Cannaregio 1026.
È però con il cinema che riesce a raccontare agli altri delle storie reali, tragiche, di speranza e di passione. Con Gli Indesiderati (2011) e Voci Interrotte (2011), documentari testimonianze di alcuni immigrati sbarcati in Italia, la regista aveva voluto gettare luce sulle condizioni post arrivo in Italia di alcuni di loro.
Con Gli Scalpellini di Venezia, la tradizione sfrattata (2012) e Vinyls-Porto Marghera: lavoratori di plastica (2013), aveva inoltre dato voce ad alcuni artigiani ed operai cassaintegrati che lottavano pacificamente per i propri diritti, mentre ora, con L’Oro della laguna, si è affidata alle parole degli autoctoni, che vivono a stretto contatto con la natura ed hanno sentito il bisogno di raccontare l’ambiente che li circonda.

Le riprese di questo nuovo documentario sono iniziate nel luglio 2013, nel 2014 la regista ha deciso di concentrarsi sugli elementi Terra ed Acqua, dando la possibilità ad un vignaiolo contadino e ad un pescatore ancorato alla tradizione, di raccontare la propria storia e il rapporto con i due elementi.
Per chi volesse saperne di più, abbiamo intervistato la regista, che ci ha raccontato più approfonditamente i suoi progetti e le sue convinzioni.

Irene, ci racconti qualcosa in più su di lei. Quand’è nata questa voglia di raccontare la realtà che la circonda e dare voce alle persone? Come viene in contatto con loro?
Ho un’anima giornalistica di approfondimento, reportage, per alcuni anni ho collaborato con alcune testate anche di cinema. La realtà è senza dubbio molto più affascinante di qualsiasi finzione e, soprattutto il mio sguardo è attratto dalle persone e dalle loro storie: dietro ogni storia c’è una umanità da scoprire e far conoscere. Non è solo importante il fatto, ma quello che c’è dietro e lo prepara, le persone e il loro mondo.
In un lavoro documentario c’è un grande lavoro di ricerca e di scrittura e riscrittura, non ci sono attori con una parte assegnata, ma ci sono lo stesso dei “protagonisti” a cui presento la mia idea di lavoro, il punto di vista che voglio portare e, insieme iniziamo “il viaggio” nel loro mondo, nelle loro emozioni, nei loro pensieri… non è semplice parlare davanti ad una telecamera in modo spontaneo, si deve costruire fiducia.

Com’è avvenuto il passaggio dal raccontare il mondo degli immigrati in Gli indesiderati e Voci interrotte, a L’Oro della laguna, per raccontare il territorio in cui vivono e lavorano i veneziani?
In fondo non c’è stato alcun passaggio: ho sempre lavorato sul territorio e per il territorio. Il tema degli immigrati, in Gli Indesiderati è strettamente legato alle nostre città, chi erano queste persone che vedevamo girare in città, che storie si portavano dietro oltre alle etichette scomode che gli affibbiamo. Pensando a Vynils Porto Marghera-Lavoratori di Plastica, quello è nato dalla mia forte volontà di portare l’attenzione su dei laboratori che hanno fatto la loro resistenza sul territorio senza portare la protesta lontano, a Roma per esempio, dove di solito si portano tutti gli scioperi in corteo. È sui campanili e le torri del Petrolchimico che si arrampicavano per parlare alla gente di qui prima di tutto, di solito dopo i primi titoli dei giornali e delle testate televisive, le notizie si smorzano per lasciare il posto a qualcosa d’altro, allora ho creduto che era importante andare a conoscere queste persone, questi lavoratori senza lavoro e documentare in immagini le loro lotte affinché non si dimenticasse quel momento storico che ha aperto a molti altri discorsi….
E, L’Oro della Laguna, nasce invece, nel momento in cui si parlava in laguna solo di MOSE e di corruzione e politica sporca, perché ho voluto riportare l’attenzione sulla trasparenza e la ricchezza e le potenzialità che questo ambiente e territorio custodisce in termini di tradizioni, saper fare e umanità.

Può darci alcune informazioni in più su L’Oro della Laguna? Ci saranno altre testimonianze oltre a quelle del vignaiolo e del pescatore?
L’Oro della Laguna come già detto, è in corso di realizzazione, oggi alle spalle questo lavoro ha una casa di Produzione e altro ancora sta per essere fatto per portare anche una Produzione esecutiva. Non mi sento di svelare altro o di più di quanto non sia stato visto nei teaser che sono stati presentati a Slowfood Salone del Gusto a Torino, lo scorso Ottobre, a Slowfish a Genova qualche giorno fa, all’interno dell’evento Isole Slow. Il prossimo 28 maggio il teaser del vignaiolo sarà presentato fuori concorso al video Concorso Pasinetti alla Casa del Cinema, una bella occasione finalmente locale per fare conoscere questo lavoro su un territorio così suggestivo.

Ha in serbo altri progetti? Altre storie di vita? Mai pensato ad un documentario sulla crisi e a come giovani e non la stanno affrontando?
Potrebbe essere un’idea raccontare la crisi attraverso gli occhi dei giovani, è un universo molto sfaccettato, chissà! Ma i giovani sono comunque presenti anche nell’Oro Della Laguna, non possiamo perdere questa prospettiva nel presente che può sembrare senza sbocchi… ma non posso raccontare altro su questo lavoro in corso.
Quali altri generi cinematografici le piacciono? E se non dovesse più girare documentari, continuerebbe a parlare di temi di denuncia sociale, oppure sperimenterebbe qualche altro tipo di genere?
Il documentario, come il reportage video rispondono ai miei interessi, li uso per parlare della realtà che viviamo. Comunque anche il documentario ha pur sempre la sua parte fiction/creativa… è sempre più difficile oggi trovate soldi per finanziare un film.

Alice Bianco

20/05/2015

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