Stanley Kubrick e Andreji Tarkovski possono ancora dormire sonni tranquilli; i loro classici fantascientifici restano a tutt’oggi insuperati saggi sul linguaggio del genere e riflessioni ancora attuali relative alla condizione umana nei confronti dell’ignoto.
Una misteriosa “entità”, inconoscibile e inscalfibile a forma di parallelepipedo nero (2001) o un’impalpabile “essenza” (riconducibile al Dio cristiano) che fa “risorgere” presunti fantasmi d’amore (Solaris) restano a tutt’oggi le metafore più approfondite mai realizzate in ambito fantascientifico, anche perché trascendono i limiti del genere, ricodificandoli.
Dopo “2001: odissea nello spazio” e “Solaris” nulla sarà più come prima nel mondo sci-fi, a meno che non si rigenerino codici narrativi precedenti, innestandoli con cinema di altro genere (il fantasy, il western, il giallo).
La dimesione etica, filosofica, di weltanschauung, le ipotesi utopiche/distopiche su un futuro dell’umanità, le invenzioni estetiche diventarono le nuove leggi di questo vertiginoso cambiamento nel mondo in celluloide della sci-fi, avvenuto per entrambi i registi nel 1968.
Oggi Christoper Nolan, regista da cui era legittimo aspettarsi un film di fantascienza, per molti versi ci ripropone molte tematiche contenutistiche e di linguaggio tipiche della fantascienza “adulta”.
In “Interstellar”, basato sulle teorie dello scienziato Kip Thorne abbiamo una rappresentazione della condizione umana negativa (il classico tema ecologico-politico dello sfruttamento eccessivo della terra, con conseguente crisi alimentare).
Abbiamo un viaggio attraverso e “oltre” l’infinito che porterà a delle scoperte…
> > continua > >