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Le loro ragioni. Gli infermieri davanti all’ Angelo perché non intendono vaccinarsi

Circa 150 operatori sanitari davanti all'Ospedale dell'Angelo per dire "NO" all'obbligo di vaccinazione. Ma non chiamateli "NO VAX", la maggior parte di loro è favorevole a tutti i vaccini. Tutti quelli certificati dopo studi e risultati.

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E’ stata una manifestazione incandescente, motivata con argomentazioni e ragioni provocate dalle convinzioni, dal sospetto e dalla paura.
Erano circa centocinquanta gli operatori sanitari contrari al vaccino davanti all’ospedale, adducendo motivazioni che pur meritando rispetto, come dovuto a qualsiasi scelta e opinione, hanno aperto il varco dell’incertezza e smontato le poche e bramate sicurezze che il vaccino ci ha consegnato.
Il personale del sindacato Cub, davanti all’Ospedale all’Angelo, lo ha dichiarato a chiare lettere che non intende vaccinarsi, né ora, né domani, né mai.
Che cosa temono i manifestanti, che non amano essere definiti no vax?
Motivi ne hanno tanti, alcuni macabri e inquietanti, come ‘i feti nella fiala, humus tumorali, virus che provocherebbero la fertilità’. Arrabbiati e decisi nella loro lotta, i lavoratori che avevano aderito allo sciopero del primo aprile per protestare contro il decreto che obbligava il personale sanitario a sottoporsi al vaccino, mantengono la rotta dell’opposizione e non sembrano temere sanzioni, sospensione dello stipendio o multe, molti hanno già incaricato i loro avvocati per eventuali diffide e per dimostrare l’oculatezza delle loro ragioni.

In molte città del Veneto, a Vicenza, Bassano, Padova, Belluno e altre ancora la protesta assume toni aspri nei confronti di un vaccino che giudicano sperimentale e quindi non sicuro e poco contano le statistiche, il calo della pandemia che è avvenuto grazie all’aumento delle vaccinazioni.
Il personale lamenta una specie di gogna cui sarebbero sottoposti quando si sentono costretti a indossare una doppia mascherina, doppi guanti e calzari durante l’orario di lavoro.
Si sentono additati e criticati e non intendono accettare la situazione.
Lo definiscono senza mezzi termini una dittatura sanitaria l’obbligo di vaccinazione che ‘non impedisce la trasmissione del virus, che crea incognite e paure”. Non ci stanno, hanno detto, a far da cavie, sono convinti e determinati.
Alessandro Busetto, responsabile Sanità dei Cub, che non ha mancato di criticare la progressiva privatizzazione della sanità, insiste sul valore della libera scelta e chiede che i provvedimenti a danno dei lavoratori siano ritirati. Lo hanno sostenuto infermieri, tecnici di laboratorio, operatori sociosanitari e addetti alle pulizie.

Sono circa 3.750 gli operatori sanitari dell’Usl Serenissima, che a oggi non si sono sottoposti al vaccino. Insieme all’ultimatum, alle lettere, sembra esserci da parte della direzione la volontà di capire, di conoscere i motivi per i quali una parte del personale sanitario che si è distinto per abnegazione e dedizione totale verso i pazienti Covid e non solo, non ha ritenuto di vaccinarsi.
Potrebbe essere molto utile una consultazione che aiutasse a capire e già si accenna ai contenuti delle lettere di chi preferisce evitare l’inoculazione, per motivi di salute, di allergie. Una modalità che ha trasformato il richiamo e l’eventuale sanzione, anche di ordine morale, in una relazione vera, da trattenere con lealtà e sincerità, in grado aderire a perplessità ed emozioni che si spostano sulla sfera psicologica delle persone.
E a maggior ragione va ricercata e approfondita quella scelta, quando le persone in questione, operatori del pubblico, del privato, delle case di riposo, medici di famiglia, si sono prodigate nei reparti e nelle terapie intensive per salvare la vita ai pazienti. In quei posti, dentro quel mondo della sofferenza hanno visto morire, guarire a fatica, perdere forza e salute.


 

Un’indagine doverosa e utile per superare questo momento di difficoltà, e a tratti di scontro, che se non subirà un ridimensionamento del problema potrebbe aprire un’incognita per la funzionalità delle strutture sanitarie e assistenziali. Se dovessero partire le sospensioni dal lavoro o il cambio di mansione per i non vaccinati, sarebbe difficile sostituirli e le prestazioni non potrebbero essere più garantite.
Si è celebrata in questi giorni la Giornata Internazionale dell’infermiere, una ricorrenza in onore di Florence Nightingale (nacque 200 anni fa e con l’esperienza, la ricerca e l’analisi dei dati fondò le basi delle scienze infermieristiche che applichiamo ancora oggi). L’Ordine professionale del Veneto, conta 6.528 iscritti e ne denuncia l’insufficienza rispetto i bisogni degli ospedali e delle Rsa.

Tra i vari appuntamenti in programma, a Firenze, città natale di Florence Nightingale, si è aperto il primo congresso anti-Covid per i 454mila infermieri d’Italia. 
Con lo slogan ‘Ovunque per il bene di tutti’, quest’anno il tradizionale incontro – che si ripete a ogni cambio del vertice della Federazione nazionale degli Ordini professioni infermieristiche (Fnopi), ogni quattro anni – si svolge in modo ‘itinerante’ nel pieno rispetto delle regole di distanziamento e di tutte le misure contro la pandemia. Primi appuntamento oggi, in occasione della Giornata internazionale dell’Infermiere, nella Sala del Cenacolo della Basilica di Santa Croce, che riapre.


 

In totale sono 20 gli appuntamenti in programma, fino a dicembre: i rappresentanti del neo eletto Comitato Centrale della Fnopi, toccheranno varie aree del Paese. “Il filo rosso che legherà le esperienze che contraddistingueranno le tappe del congresso Fnopi – si spiega in una nota – sarà l’infermieristica di prossimità, a partire dall’infermiere di famiglia e comunità, figura presente in Toscana dal 2018 e che col decreto Rilancio del maggio 2020 è stata istituita per legge e dovrebbe essere presente in tutte le Regioni.(Ansa)
Rimane sullo sfondo la figura dell’operatore sanitario No vax e il suo persistere nelle convinzioni a suo giudizio legittime, forse modificabili e il suo coesistere e armonizzarsi con le ragioni e i diritti di tutti guidati da conoscenze scientifiche e dalla ricerca.

Andreina Corso

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2 persone hanno commentato. La discussione è aperta...

    • Posso spiegarle io, da infermiere di rianimazione covid mai vaccinato. Le ragioni sono diverse: Innanzitutto l’obbligatorietà per il personale sanitario introdotta dal DL 44 parte dal presupposto della necessità per ragioni di tutela dei pazienti, lo stato attuale della letteratura scientifica però, non dimostra che il vaccino (qualsiasi tipo) protegga dall’infezione, ma solo dallo sviluppo della malattia, ovvero, si può contrarre, incubare e trasmettere il virus ma non si sviluppano sintomi. Inoltre i DPI che utilizziamo proteggono i pazienti al 100% contro la trasmissione eventuale da parte dell’operatore sanitario (questo invece è dimostrato da letteratura scientifica). Ciò già di per sé renderebbe nullo in provvedimento, anche a fronte di una palese violazione dell’articolo 32 della costituzione, trattato di Oviedo, e diverse leggi internazionali tra cui il secco No all’obbligatorietà introdotto recentemente dal consiglio d’Europa e di cui nessun giornalista italiano parla. Ulteriore dissenso deriva dal fatto che, lo studio per determinare efficacia e sicurezza del vaccino Pfizer (parlo di quello somministrato a noi sanitari) è designato per la durata di tre anni, il vaccino è stato approvato per uso emergenziale, dopo due soli mesi di sperimentazione umana. Per cui molti degli effetti potenziali a lungo termine sono effettivamente ancora ignoti, ragione per la quale è richiesto dalle case produttrici, la firma di una liberatoria (di fatto non è un consenso informato ma una vera liberatoria), e ragione per la quale il DL 44 ha inserito scudo penale per i somministratori. Altro motivo sta nel fatto che la somministrazione massiva non consente una adeguata valutazione prevaccinale, che tenga conto dello stato immunitario del singolo individuo. Mancano protocolli vaccinali. A causa di interessi politici ci stiamo anche inventando protocollo basati su nessuna evidenza (e sconsigliati dalle stesse case produttrici), come la famosa somministrazione di Pfizer a intervallo raddoppiato (42 giorni anziché 21) ecc… detto questo, crediamo che questi vaccini saranno utili nel combattere gli effetti devastanti del covid-19. Solo crediamo che il rischio/beneficio vada soppesato sul singolo, come per ogni terapia medica, in questo caso a maggior ragione perché sperimentale. Inoltre, questo accanimento su soggetti non a rischio, sottrae vaccini a chi davvero ne necessita e distoglie l’attenzione da quello che dovrebbe essere il vero obiettivo della campagna vaccinale, ovvero immunizzare quella fascia di popolazione a rischio di complicanze e per cui il vaccino sicuramente non rappresenta più un potenziale svantaggio che non una proflassi potenzialmente salva vita.

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