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Il virus corre. Ad Ancona intubato 23enne

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Il virus corre e se prima, come dice la dott.ssa Susanna Cantucci, gli operatori si erano abituati a vedere vecchietti, ottantenni e simili, da ricoverare, ora sono molti i giovani ad aver bisogno di ricovero con cure definite “impegnative”.
La dottoressa, responsabile di Pronto Soccorso degli Ospedali Riuniti di Ancona, ha appena risposto ad alcune domande in diretta sulla trasmissione Agorà di RaiTre.
“Gli ospedali sono in affanno. Abbiamo dovuto riorganizzare gli spazi per la terza volta data l’affluenza. Vediamo un grande aumento di contagiati che hanno bisogno di cure. Si tratta di persone più giovani del paziente tipico. Si tratta di infezioni anche della variante inglese soprattutto, ma anche di quella brasiliana”.
E poi la conferma più terribile: “Abbiamo ricoverato un 23enne che in questo momento è intubato”.
Questa è la realtà di oggi: il virus corre, tanto che Bertolaso ammette: “Tutto il paese va verso il rosso”.
Si starebbe già pensando a nuove restrizioni con il virus che ha ripreso a correre e le varianti del Covid sempre più diffuse in tutto il paese.
Già venerdì, con i dati del nuovo monitoraggio, la maggior parte delle Regioni sarà in zona arancione o rossa.
Anche la nostra regione, il Veneto, pare avviata verso l’arancio.
Più della metà

degli italiani dovranno dunque fare nuovamente i conti con negozi chiusi, spostamenti limitati all’interno del proprio comune o vietati, milioni di bambini e studenti dall’asilo alle superiori in didattica a distanza.
“A me sembra che tutta Italia, tranne la Sardegna, si stia avvicinando a passi lunghi verso la zona rossa” dice l’ex capo della Protezione Civile e attuale consulente della Lombardia Guido Bertolaso, esprimendo senza mezzi termini quella che è la preoccupazione della maggioranza dei governatori.
“Se questa crescita, avvenuta in 10-15 giorni, non trova un’accelerazione nella risposta, rischiamo di essere travolti” conferma il presidente dell’Emilia Romagna e della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini, secondo il quale le restrizioni previste dalla “zona arancione classica” non bastano più.
Una situazione certificata anche dai dati quotidiani del ministero della Salute: quasi 21mila contagi in 24 ore, con la Lombardia che ne ha uno su quattro, altri 347 morti, un tasso di positività tornato al 5,8%, oltre mezzo punto più di martedì, ricoveri in aumento sia in terapia intensiva sia nei reparti ordinari.
La stretta, dunque, arriverà con il monitoraggio di venerdì anche se fonti di governo continuano a ripetere che un lockdown nazionale al momento non è all’orizzonte e si continuerà con il sistema delle fasce.
In rosso potrebbero andare da lunedì 8 marzo l’Emilia Romagna, la Campania, che ormai da 10 giorni fa segnare più di duemila casi al giorno, e l’Abruzzo, che ha comunque già due province – quelle di Pescara e Chieti – in lockdown.
A rischio arancione sono

invece la Calabria, il Friuli Venezia Giulia e il Veneto, con Lazio e Puglia sul limite.
Di fatto, in due terzi dell’Italia saranno in vigore le restrizioni più dure.
Senza contare che già molti governatori sono intervenuti con proprie ordinanze, dichiarando zone rosse o arancioni locali.
Bologna e Modena saranno in lockdown nelle prossime ore, ha annunciato Bonaccini, mentre le province di Udine e Gorizia passeranno in arancione da venerdì per decisione del presidente Massimo Fedriga che ha disposto la didattica a distanza per tutti gli studenti delle medie, delle superiori e delle università”.
Niente scuola in presenza anche per i ragazzi delle seconde e terze medie e delle superiori del Piemonte.
“Abbiamo una situazione che ci dice che quotidianamente le cose stanno peggiorando – sottolinea il presidente Alberto Cirio – Dobbiamo essere pronti ad intervenire chirurgicamente dove necessario”.
Nella Sardegna bianca, invece, da lunedì chiunque vorrà entrare nell’isola dovrà sottoporsi a tampone rapido. Chiusure e interventi che, da soli, non bastano però a fermare la curva del virus.
Servono

i vaccini e serve che la campagna di massa possa decollare.
E sia la riunione al Mise in cui sono state gettate le basi per la produzione del siero in Italia entro 4-8 mesi, sia l’incontro in programma venerdì tra il ministro per gli Affari regionali Mariastella Gelmini e le regioni, al quale parteciperanno il nuovo commissario per l’emergenza Francesco Paolo Figliuolo e il capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio, vanno in questa direzione.
“L’auspicio di tutti – ha sottolineato Bonaccini – è una svolta nelle forniture”. Che però dipende dall’Ue e da quanto Bruxelles riuscirà a fare pressione sulle case farmaceutiche. E va letta in quest’ottica la conversazione tra il premier Mario Draghi e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen con al centro proprio la necessità di un’accelerazione per quanto riguarda i vaccini.
A Figliuolo e Curcio spetta invece far funzionare la macchina delle somministrazioni seguendo quello che è stato l’input dato dal premier Mario Draghi: centralizzare e uniformare la campagna vaccinale.
La riunione di venerdì sarà dunque un primo confronto per individuare come uniformare i vari sistemi individuati dalle regioni ma anche per mettere sul tavolo possibili soluzioni: dall’utilizzo dei drive in della Difesa a quello dei 300mila volontari della protezione civile fino al coinvolgimento delle farmacie nelle somministrazioni.
Alle Regioni verrà inoltre ribadita la necessità di accelerare le iniezioni con Astrazeneca – del milione e mezzo di dosi consegnate ne sono state somministrate 442mila – anche in vista del probabile via libera al modello inglese per questo farmaco, dunque niente più scorte visto che il richiamo è previsto 12 settimane dopo la prima iniezione.

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