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Il talento nel calcio è questione di testa, Robin Friday insegna. Di Mattia Cagalli

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Robin Friday LARGE

Manca poco all’inizio del calciomercato invernale e iniziano già a rincorrersi voci più o meno assurde. Giocatori vengono accostati a club e viceversa. Quante poi risulteranno reali e troveranno concretizzazione sarà tutto da vedere ma una risulta più assurda di tutte le altre. Il possibile ritorno di Mario Balotelli all’Inter, forti della presenza di Roberto Mancini sulla panchina neroazzurra.

Da quando il Mancio è tornato in Italia (e anche prima ad essere sinceri), è stato sommerso di domande su Balotelli. Fino a che ha “confessato” di volergli bene. Quello che viene da chiedersi però è perché? Cosa serve all’Inter un giocatore del genere? Ma soprattutto perché a questo giocatore, dovrebbe essere concessa l’ennesima occasione? E’ un campione tale da meritare ancora credito, oppure è un giocatore come tanti che ha dalla sua solamente un buon tiro? (Taarabt docet.).

La vicenda Balotelli è per me però solo un pretesto, non credo tornerà in Italia (perlomeno non a breve), per cercare di rispondere a una domanda: che cosa è davvero il talento? Perché è così difficile trovare giocatori che siano in grado di infiammare le tifoserie? Perché ci si illude e si innalza a fenomeni dei giovani atleti che hanno una mezza stagione decente. Addirittura quelli che fanno la giocata in una parita, poi vivacchiano fino a perdersi del tutto. Tanti sono stati nel corso degli anni che hanno illuso il pubblico, per poi sparire nel dimenticatoio. Altri invece hanno bruciato tutto per colpa dell’eccessiva passione per l’alcol. George Best su tutti, un uomo che nel cognome era un predestinato.

Eppure nel grande calderone di questi ragazzi c’è stato un nome, quello di un londinese ai più sconosciuto. Il suo nome era Robin Friday. Nella sua carriera non ha mai vinto un trofeo, non ha mai vestito la maglia di un grande club eppure per gli inglesi è comunque una leggenda. Una leggenda fermata solamente dal suo stesso io.

Nato nel 1952, venne aggregato all’età di dodici anni al settore giovanile del Crystal Palace ma nonostante le grandissime doti tecniche che avevano abbagliato la dirigenza, venne ceduto prima al Qpr e successivamente al Chelsea. La ragione di questo continuo girovagare erano di ragione caratteriale. A sedici anni si ritrovò così a fare il muratore e a giochicchiare con l’Hayes, club del suo quartiere. Diviene famoso nella squadra per essersi presentato sul campo completamente ubriaco, durante un match. Eppure nonostante non abbia praticamente toccato palla per oltre 70 minuti, segna il goal vittoria a pochi minuti dalla fine.

La carriera di Friday prende la strada giusta nella doppia sfida di F.A. Cup contro il Reading, all’epoca nella C2 inglese. Era il 1972. L’Hayes esce ma la dirigenza del Reading si innamora del ragazzo e lo acquista per l’anno successivo. Alla prima stagione tra i professionisti, colleziona 19 presenza e tra alti e bassi realizza 4 reti.

A soli 17 anni, si sposò con una ragazza di colore da cui ebbe anche un figlio. All’epoca le differenze razziali gli portarono diversi problemi, anche delle aggressioni. Con problemi di alcol, droga e la mania per le donne, arriva all’anno successivo e qui ha la “consacrazione”: 20 reti in 49 presenze. Friday sembra non fermarsi più e trascina il Reading alla promozione nella sua terza stagione e per questo tutto veniva accettato dalla presidenza.

Gli episodi di vita sregolata si susseguivano, un secondo matrimonio e una festa a base di droga finita a scazzottata. Saltava gli allenamenti perché non in condizione, non contento di una espulsione, pensò bene di defecare nella borsa di uno degli avversari. La misura era ormai colma e nemmeno l’unico che ammirava, il presidente Hurley, era più in grado di sopportarlo e difenderlo. Per meno di 30.000 sterline passò quindi al Cardiff City, squadra di seconda divisione.

Nonostante l’esordio con due goals, venne arrestato e i suoi problemi con l’uso dell’LSD divennero famosi nello spogliatoio. A fine stagione 21 presenze e 6 goals. Quella del 1977/78 si rivelò l’ultima stagione di Friday, dopo l’ennesima espulsione per un calcio rifilato al volto di un avversario, venne squalificato per tre giornate. Il gesto convinse il Cardiff ad inserirlo nella lista trasferimenti ma non ci fu il tempo; a soli 25 anni Robin Friday annunciò il ritiro.

Terminò la sua vita asfaltando le strade e il 22 dicembre 1990, a soli 38 anni morì di arresto cardiaco. Vittima di un’overdose. Ecco che cosa è il talento, è la capacità di saper gestire e sopportare le pressioni di un dono che si possiede. Perché per quanto un uomo possa essere bravo a fare qualcosa, se non è in grado di coltivare pian piano le capacità, finirà per perdersi.

Non basta calciare forte e bene un pallone per essere un campione, prima di tutto viene la testa.

Mattia Cagalli

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