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Il racconto dei racconti – Tale of Tales, ci ricordiamo come sono fiabe?

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c’è proprio un orco rapace che si unisce al migliore dei personaggi delle storie selezionate da Garrone, la principessa Viola).

Ma andiamo con ordine: “Lo cunto de li cunti” è una raccolta di favole del 600 a opera del campano Gian Battista Basile. Si rifà alla struttura del Decamerone ed era rivolto ad un pubblico adulto. In questi racconti di Basile il racconto dei racconti tale of tales recensioneappare per la prima volta il personaggio di Cenerentola.
L’opera è immersa nella dimensione del barocco, cosa che il film ricorda ad ogni piè sospinto. E pare gemellarsi al “barocco” dei nostri tempi, alle complesse decadenze del terzo millennio italiano, ai suoi apparentemente inestricabili grovigli, alla ribadita subalternità tra i due sessi.

Il film sceglie tre racconti dal testo di Basile: ”La regina, “La pulce”, “Le due vecchie”. E balza all’occhio la scelta di fare delle donne come protagoniste del film. Donne molto differenti: una madre vorace ed egoista (Salma Hayek), mora e rossa di sangue che ha un figlio albino, bianco di purezza con un “gemello” di differente estrazione sociale. Due anziane devastate dalla vecchiaia, una delle quali in possesso di una voce giovanile (sintomo di una sessualità ancora vitale) e un re dissoluto nei sensi, alla ricerca di un costante ricambio di stimoli. Infine una principessa con un padre inetto, che alleverà una pulce sino a farla diventare macroscopica e darà la figlia in sposa a un orco.

Ci sono le donne e ci sono gli uomini; e gli uomini protagonisti non ne escono bene. Per ignavia, sottomissione ai desideri, dipendenza dal desiderio. Poi ci sono i paesaggi.
Le straordinarie locations del film, fotografate magistralmente da Peter Suschitzky.
Tra cui il mitico Castel del Monte, che per anni ha conteso a quello di Balsorano la coppa di location mitica del cinema horror italiano. La cinepresa si avventura in labirinti o si inerpica sui bastioni di castelli o sprofonda in grotte. Luci e bui familiari nei film di Garrone; ci sono le cupezze di Gomorra, la luce (e anche i ritmi) di “Reality”. Ci sono i baccanali di corpi della nostra post storia, la stanchezza da orge, l’inettitudine del potere, la ricaduta nella schiavitù del desiderio.

Tra tutti i tre racconti a mio parere trionfa la storia di Viola, principessa educata alla cultura e ai poemi cavallereschi, in cerca di un principe azzurro, messa all’asta da un padre a dir poco stravagante che, a causa di una contesa in cui si deve indovinare un tipo di pelle di animale, la cederà ad un orco.
In questa storia avvertiamo tutto il passaggio verso la consapevolezza di una ragazzina che troverà in se stessa la forza di ribaltare un destino e un trono.

Racconto lanciato in questi tempi in cui il ruolo del femminile vive una contraddittoria dimensione, tra riscatto e …

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