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“Il coraggio di essere padre” di Lidia Are Caverni, recensione di Andreina Corso

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Un sottofondo pensoso, un sussurro, accompagna le pagine scritte da Lidia Are Caverni nella stesura del suo libro “Il coraggio di essere padre” Edizioni Progetto Cultura. Fin dalla dedica rivolta ai figli Marcella e Lorenzo, nonché ai giovani che si aprono alla vita, l’autrice svela e raccomanda attenzione nei confronti delle fragilità che incombono nella storia dei due giovani narrati in queste pagine consegnate con sapienza nell’esistenza di tutti i giovani alle prese con la vita, con il senso del domani.

La storia ci narra di un figlio desiderato da Vittoria, pronta e consapevole della sua volontà materna e di Bruno, il suo compagno quarantenne, uomo e stereotipo di una diffusa immaturità maschile, alle prese con la tenuta del suo soddisfacente status quo, impreparato sulla bellezza di una vita a tre.

L’ autrice lo descrive come un giovane uomo ben piantato, con le spalle larghe, per la piscina e la palestra che frequentava regolarmente. E poi ancora, con gli occhi belli, grandi cigliati e i capelli leggermente grigi sulle tempie e un buon lavoro, che in ogni tempo è una chimera.
Quando Vittoria annuncia a Bruno di aspettare un bambino, lui aveva risposto “Cosa aspetti?”.

Sarebbe sufficiente questo approccio per sentire l’umiliazione del corpo e della mente di Vittoria, che tuttavia non demorde, che crede nel suo rapporto d’amore con Bruno, che con la forza di una moderna Antigone sa quel che vuole e quel che fa. Il bambino diventa la sua forza e sopporta anche le riserve di Bruno che continua a lamentarsi del suo impiego, che la osserva con preoccupazione e sospetto. Forse, ci fa intendere la scrittrice, Bruno non lo sa di essere fragile perché spesso non sappiamo dar corpo e voce alle nostre insicurezze.
L’autrice ci avverte di un’ombra scesa fra loro, pur assicurando “a cui Vittoria non voleva dar peso”.

Se Bruno avvertiva il precipizio e la fine della quiete, Vittoria vive una sua vita intima ed esclusiva che le faceva sopportare le tante incertezze che Bruno le rivolgeva, per non togliere alla lettrice, al lettore il piacere di scoprire le modalità del lieto fine, mi sento di consegnare all’autrice alcune considerazioni.

S’intuiscono fra le righe di queste pagine fitte di emozioni, di straniamenti, di pulsioni liberate da sensazioni di rabbia, di dolore, lo sforzo, la speranza di far emergere il coraggio femminile, tanto da poterne concedere un po’ al suo compagno che si rassegnerà a voler fare il padre solo dopo la malattia di Vittoria. Succede quando si trova a trascorrere la notte solo con il suo bambino accanto, provando una grande tenerezza verso quel piccolino che tiene con commozione fra le sue braccia e che arricchisce la sua vita.

Gli intrecci sono narrati spesso attraverso i dialoghi tra i due protagonisti del romanzo, si elevano tratti di scrittura poetica, così cara all’autrice che non rinuncia a inserirla, quasi nel tentativo di distendere e affievolire le barriere di Bruno che feriscono una donna che lo ama e che tuttavia ha sposato perché aveva fiducia nel loro futuro a tre.

Il libro attribuisce alla virtù femminile talenti quali pazienza, costanza, ruoli pedagogici e educativi, coraggio e abnegazione, che tradotti si accompagnano finemente con la parola Amore.

L’autrice saggiamente e fedele alla consapevolezza del ravvedimento, non infierisce su Bruno, ne coglie le fragilità, offre sempre un’occasione di ripensamento, non giudica. Osserva, narra e dà vita alla speranza, ci riporta alla filosofia, alla sua vocazione primaria che è la ricerca del Bene. Con questo romanzo Lidia Are Caverni rivela ancora una volta la grandezza eclettica della sua scrittura che le assegna un posto importante e prestigioso nell’universo letterario contemporaneo.

Lidia Are Caverni, nata a Olbia nel 191, ha abitato per undici anni a Livorno e dal 1957 risiede a Venezia Mestre.
Insegnante Elementare in pensione, scrive fin da giovanissima. Ha pubblicato molti libri di poesia e narrativa, oltre a un breve saggio pedagogico. Ha ottenuto vari riconoscimenti, tra cui Il Premio poesia Donne con un libro edito da Passigli, ed è stata più volte finalista del Premio Mangiaparole. Alcune sue poesie sono state tradotte in lingua anglo – americana.

Andreina Corso

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