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Il Collezionista di Carte (Venezia 78)

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Se vi elencassi i temi di questo nuovo Schrader?
Colpa, riscatto, redenzione. Come reagireste, voi che non avete ancora visto il film?
“Siamo alle solite”; sento già che mi ronza nell’orecchio questa frase. Ebbene sì, siamo alle solite.
Praticamente il 98% delle tematiche del cinema schraderiano girano su queste ossessioni. Il che non è affatto un male, anzi.
Tutti i grandi artisti hanno pochissime tematiche su cui si aggirano come cani dietro l’osso.
Io sono un ammiratore del cinema di Schrader ma ammetto che come regista sia un passo indietro nei confronti di Scorsese, Coppola e altri autori che hanno fondato l’estetica della New Hollywood negli anni 70.
Eppure Schrader va sempre tenuto d’occhio; nel suo seppur limitato universo molti accenti risuonano forte.
Anche se il protagonista è sempre un uomo inseguito da qualcosa che appartiene più a un ordine superiore, una dimensione spirituale, una necessità di far emergere una colpa per definirsi umano.

Il misterioso protagonista, che si fa chiamare Will Tell e gioca a Black Jack col sistema del conteggio delle carte (proibitissimo nei casinò), fodera le camere dei tanti alberghi che frequenta passando di zona in zona, è in fuga da un passato terrificante; ha partecipato come carceriere alle torture nelle carceri di Abu Ghriab. L’incontro con una mediatrice di gioco d’azzardo, LaLinda e un ragazzo che ha perso il padre in quanto ex torturatore poi pentito, entrano nel destino di Tell facendo in modo che una qualche forma di riscatto (per lui) e di risoluzione per l’orfano escano da un tour de force che vede un campionato di partite e l’avvicinamento con uno dei maggiori responsabili militari, Gordo.
Il film, in concorso per il Leone d’oro, non ha portato a casa nulla. Forse perché non così sorprendente o interessante come altre pellicole.
Ma ciò non toglie che “The card counter”, titolo pessimamente tradotto in italiano per invogliare gli spettatori ad assistere a chissà quale serie o thriller raffazzonato e stantio, abbia una forza antica dentro di sé.

Le tematiche care al regista ci sono tutte, come già detto. Eppure anche questa volta un bel colpo contro il sistema statunitense viene sferrato.
Un film con meno velleità del curioso oggetto “The canyons” (in verità non così schraderiano) o a certi deliri di “First reformed”.
Torna il tono noir, tornano le storie d’amore che Schrader sa raccontare con ampiezze temporali e visive, e stavolta è un amore interracial con la eccellente Haddish.
Ritorna la narrazione a scatole cinesi, dove siamo sempre un po’ spostati dal centro della storia. Che si chiude con una celebre autocitazione dal classico di Schrader “American Gigolo”, che già “rubava” da Bresson.
È un film un po’ d’altri tempi, seppur confezionato con un personalissimo occhio alla forma contemporanea e tenuto sulla corda dalle musiche di Robert Levon Been, Giancarlo Vulcano.
Un film con esseri umani di un passato recente. E in fondo va bene così.

78ma MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA:
IL COLLEZIONISTA DI CARTE
Paul Schrader
con Oscar Isaac, Tiffany Haddish, Tye Sheridan, Willem Defoe

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