Quando la scrittura si accende con la forza del tempo e rintraccia la Storia che ci mostra chi siamo, quella è storia che ci insegue e ci chiede di essere capita e assorbita dalla mente. Quando è Lei a coinvolgerci fino ad avvincerci, significa che le mani che l’hanno curata, sono quelli di una donna. Così come Simone Weil e altre scrittrici hanno sentito il bisogno di rischiarare la Storia della loro famiglia, delle ragioni e dei torti che l’hanno attraversata, anche Valeria Ongaro ha dato risposta all’ esigenza di testimoniare.
Questo il primo aspetto che accomuna Valeria a Simone impegnate nella ricerca di giustizia e riscatto “scavando” il sottosuolo della vita interiore, ragionando, attraverso i personaggi dei loro libri (Simone Weil con Venezia Salva, grazie alla traduzione di Cristina Campo), sull’inutilità e il danno della guerra: di ogni guerra .
Lo sguardo illuminante delle donne de “I giorni a venire” tratteggia con passo consapevole il cammino degli eventi che hanno tessuto piano, con il filo solido della memoria i momenti drammatici (benché attraversati dal calore degli affetti) della loro vita.
Valeria Ongaro, con il suo romanzo ci consegna la sua storia, il suo focolare dentro la narrazione che esce fluida e incandescente. In queste pagine si mescolano ricordi e sensazioni, eventi e violazioni, crudeltà e fuga, solitudine e solidarietà: tutto nel patto muto e detto delle protagoniste del romanzo che l’autrice tratta con delicatezza e riguardo, attenta ad ogni virgola e ad ogni punto, vigile su verbi e aggettivi che ben caratterizzano Nilde, Adalgisa e Grazia, una trinità legata in un patto eterno di reciproco amore e di conseguente aiuto e sostegno.
Si ascoltano e si sentono fra le righe i passi svelti di chi ha tanto da fare, quelli leggeri che accompagnano il lavoro notturno, il tremore delle parole che escono piano dalle labbra, i denti stretti nelle mascelle a consumare la rabbia, i silenzi violati dalla paura, i viaggi verso un altrove esiliato..
La guerra, la povertà, fissate e fermate in un corteo fotografico ideale narrate: lo scialle di Nilde a coprir la paura, gli occhi perlacei di Adalgisa a conformare il tempo con semi di nostalgia che pungono le narici, il lavoro paziente delle mani che curano, plasmano, accompagnano e respingono la guerra, stringono nel pugno la speranza del domani.
Un altro aspetto che conforma la scrittura compete la guerra e ci informa sullo sradicamento delle coscienze che sanno ribellarsi al momento giusto, per aspirare al bene, facendo il bene.
La solidarietà delle protagoniste de ”I giorni a venire”, sono la medicazione al male che la guerra infligge e ancor più la sublimazione nel riconoscere che solo il bene, in quanto verità, in quanto bellezza, in quanto pane, respinge idealmente tutta la crudeltà che una guerra sa seminare.
Andreina Corso
05/03/2016
(cod giorveni)