In occasione di una sua Mostra Personale presso il Centro d’Arte San Vidal- U.C.A.I. di Venezia nelle antiche sale della Scoletta di San Zaccaria, da parte degli organizzatori dell’ Associazione” Napoli Nostra” nella persona del Presidente Ing. CORDUAS Gennaro, mi viene richiesta una presentazione dell’avvenimento il quale, in tempo di Biennale a Venezia, non può che confarsi alla ventata di artisticità che invade da sempre la Città in occasione della grande Manifestazione che ogni due anni attira in laguna milioni di visitatori.
In questa occasione molti amanti dell’Arte, vista in tutte le sue sfaccettature, avranno la grande possibilità di ammirare i lavori di questo straordinario, instancabile Artista fotografo che attraverso le sue immagini ha raccontato storie dei popoli di ogni angolo della Terra, storicizzando con il suo obiettivo volti e tradizioni, radici e frutti di culture di cui oggi possiamo solo immaginare la grandezza e lo splendore.
Essendo un adepto dell’arte pittorica il mio excursus non potrà che essere conseguente e quindi dare un contributo “ di parte “ cercando di attenermi il più possibile alla resa che un fotografo da sempre insegue nel suo agire e cioè fermare il momento magico da cogliere con il proprio strumento al fine di donare allo spettatore il frutto della sua sensibilità e capacità intuitiva nel percepire le ragioni di un passo di danza rituale, quanto il sospiro esistenziale di un tramonto nella pianura africana quando il sole sembra calarsi in un alveo arcano per lasciare spazio alla notte con il suo carico di misteri e di paure che, da sempre, attanaglia le nostre coscienze cogliendo, tuttavia, in quell’ultimo sprazzo di luce la speranza della rinascita.
In questa galleria di lavori colpiscono i ritratti: volti di uomini, donne, vecchi e giovani, bambini, genti di tutte le razze, chi in posa e chi colto di sorpresa, tutti catturati dal fotografo in un attimo della loro esistenza, mostranti di sè la collocazione in un proprio mondo di appartenenza del quale portano le stimmate per colore della pelle, atteggiamenti culturali, ricchezza e povertà dell’abbigliamento, ora portato con la disinvoltura del quotidiano, altrove con la consapevolezza di evidenziare l’ eredità di un passato di cui vanno fieri e del quale tentano la perpetuazione nel presente consci, talvolta, di essere i personaggi di una rappresentazione teatrale che finirà nel momento della svestizione, oppure testimoni di un incedere storico che gli appartiene di diritto.
Tutto questo viene colto in una frazione di secondo dall’Artista il quale deve aver già delineato nella sua mente la possibilità del risultato finale, alla pari del pittore che preparando i colori sulla tavolozza ne percepisce, subitaneamente, la resa finale sulla tela, strumenti diversi stesse possibilità di reazione e di resa, stesso occhio ma, come diceva Cézanne del collega Monet : E’ solo un occhio, ma che occhio ! “.
GEO nella sua infinita carriera ha talmente affinato questa percezione dal darci la sensazione che la sua macchina obbedisca ormai a degli impulsi mentali che fanno scattare l’obiettivo a prescindere dalla sua manualità, tanto è l’apporto psichico al suo lavoro della propria esperienza da non abbisognare, così sembrerebbe, dell’uso fisico dello strumento.
Non si spiegherebbe, altrimenti, la presa di contatto, immediata, psicofisica di quei scatti con l’ambiente…
