Quando succede che a tradire il patto d’onestà sia un “servitore nobile” dello Stato, addirittura un rappresentante della Guardia di Finanza, lo scoramento è garantito e ora Vincenzo Maresca dovrà rispondere alle gravi accuse che lo riguardano.
Sottrarre droga a spacciatori e tossicodipendenti e poi rivenderla non fa onore al militare napoletano di 46 anni residente a Chioggia, che ha gettato ombre e sospetti anche sulle Fiamme Gialle, che nulla hanno a che spartire con questa brutta vicenda. L’accusa è grave e delicata.
Maresca, ex maresciallo della guardia di Finanza, era anche al servizio alla Polizia giudiziaria della Procura della Repubblica e dovrà rispondere ai danni d’immagine procurati e risarcire lo Stato con 15.000 euro a titolo di danni e disservizi procurati.
Questa la decisione della Corte dei Conti di Venezia che interagisce con il patteggiamento concordato in sede penale nel 2008, che ha condannato il Maresca a tre anni e due mesi di reclusione per detenzione di stupefacenti peculato e falsità ideologica, nonché la rimozione conseguente dell’incarico.
Una sentenza significativa per un pubblico ufficiale che ha violato impunemente la legge e che la Procura Contabile avrebbe voluto condannare a un risarcimento di circa 92mila euro perché “nell’esercizio delle funzioni ha agito violando dolosamente e gravemente gli obblighi di servizio, con condotte illecite che hanno causato un danno erariale”.
Tante le violazioni messe in evidenza dall’accusa: la sottrazione della droga sequestrata, lo spaccio nel territorio jesolano, attestazioni e verbali falsificati, perquisizioni e altro ancora che hanno portato a questa conclusione.
Grazie all’avvocato difensore del Maresca, che ha cercato di ridimensionare la situazione e messo in evidenza il disagio psicologico ed economico del suo assistito si è evidenziato alla Corte dei Conti che l’ex finanziere avrebbe violato la legge solo negli ultimi sei mesi di servizio e che non sarebbe stato in grado di corrispondere al pagamento di una somma troppo elevata. Da qui è stata decisa la quantificazione di 15mila euro, di gran lunga inferiore a quella richiesta della Procura contabile.
Andreina Corso