Essere donna in Medio Oriente, essere bambina, costretta a subire le angherie di uomini crudeli, spinti da un credo atipico, che interpretato secondo la propria volontà e le proprie convinzioni, li porta ad essere feroci e spietati.
Questa è la storia vera di Farida, un’adolescente irachena che con coraggio è riuscita a soprassedere al potere imposto dai soldati fanatici dell’Isis e per dimostrarne la sua forza d’animo, affinché se ne parli, la giornalista tedesca Andrea C. Hoffmann ha deciso di raccontare proprio la sua storia (Edizioni Piemme, pagg.233, €17,50).
Farida viveva con i fratelli e i genitori in un villaggio iracheno, era e continua ad esserlo, di religione yazida (crede nel Sole). La loro vita trascorreva tranquilla finché nel 2014 hanno fatto la loro comparsa in paese i guerriglieri dell’Isis. Tutti gli uomini sono stati uccisi o fatti convertire, le donne rese prigioniere e portate via. Così è accaduto anche a Farida, che assieme all’amica Evin, è stata costretta a subire violenze, venduta come schiava dai loro rapitori. Le ragazze dopo attimi di debolezza ed abbandono, hanno però deciso di reagire e combattere e mese dopo mese hanno atteso il momento giusto per fuggire.
Un romanzo biografico intenso, Farida – La schiava bambina dell’Isis, ripercorre l’epopea tragica della protagonista e di altre bambine e ragazze come lei, che nel mondo islamico, tutt’oggi continuano ad essere ”usate”, ”scambiate” fra gli uomini, come se fossero oggetti o bestiame.
Segregate all’interno di buie celle maleodoranti, ammassate come animali, tra sudore, lacrime e tanta paura, le giovani erano obbligate a subire e ben presto il lettore si ritrova trasportato, cuore e mente, proprio accanto ad esse, soffrendo insieme.
Impossibile infatti, restare impassibili davanti alle parole di Farida, che senza peli sulla lingua descrive gli attimi terribili vissuti: mesi e mesi di prigionia sessuale che ha lasciato i suoi segni, indelebili cicatrici che graffiano, come fa questa biografia, che entra nel profondo di ognuno di noi.
A tenere in vita Farida, una promessa, un legame che in quell’inferno la mantenne ancorata alla vita: l’amica Evin. ”Non mi abbandonare” è quello che si sussurrano ogni volta che succede qualcosa di terribile e anche se i momenti di cedimento non mancano, l’arguzia, l’intelligenza e il coraggio di Farida in primis, le faranno conquistare una parvenza di libertà.
Storia a lieto fine la sua, che ha però lo scopo di puntare lo sguardo proprio su ciò che non tutti i giorni, telegiornali e giornali ci fanno vedere. Distruzione, ferocia inaudita certo, ma anche il dolore e la volontà di sopravvivere, cercando di pensare al futuro.
”La speranza è l’ultima a morire”, Farida lo sa bene, ed è questo il messaggio principale del romanzo, un racconto toccante, crudo, che non risparmia nulla, che apre gli occhi andando in profondità, laddove nessuno sa, nell’intimo, in grado di far commuovere e riflettere tutti.
Alice Bianco
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