“Tutti ti valutano per quello che appari. Pochi comprendono quel che tu Sei.” Niccolò Machiavelli «Essere» è un verbo, uno dei più richiamati nella nostra conversazione, ma è un’ azione? O appartiene più propriamente al mondo dei nomi e delle loro specificazioni e proprietà?
Perché nell’ analisi grammaticale la voce del verbo essere fa generalmente parte di un predicato nominale e non di un più consueto predicato verbale? E che cosa «predica»? C’ è differenza tra «essere bello» o «essere un lavoratore» e «esserci»?
Vertenze che appassionano i grammatici e gli idealisti quelle che animano il verbo Essere, che certo una soggezione la impone in chi lo pensa, lo scrive, lo analizza.Non a caso “quell’essere o non essere” di Shakespeare ha influenzato la storia della civiltà. Essere corpo, mente, fare, non fare, vivere, morire, sparire, sentire, odiare, amare e tanto ancora investe questo verbo che coincide con l’esistenza, con il nostro tragitto umano.
Essere in quanto sono, in quanto vivo e penso. Essere perché quel che faccio o non faccio coincide con Lui (meglio di esso), che sembra avere un corpo che sovrasta il mio. E il tuo e il vostro.
Dove abita questo verbo? Quanto c’è nella sua memoria? E’ talmente anziano che può permettersi di aver dimenticato (o di essersi dimenticato) i luoghi che la Storia gli ha assegnato.
Sì, può essere accaduto anche questo quando ci adatta all’invisibilità.
Andreina Corso
18/01/2016