Ebola fa sempre paura, specialmente dopo il primo caso di contagio avvenuto negli Usa, attualòmente ricoverato in un ospedale di Dallas, in Texas.
A quanto pare, la linea precauzionale per arginare la malattia, è quella di prevedere un isolamento strettissimo della persona colpita dal virus e contemporaneamente indagare a tappeto su tutti quanti posso essere entrato in contatto con lui, con un protocollo così rigido che è stato battezzato “caccia ai contagiati”.
Per il primo caso di Ebola negli Stati Uniti la “caccia ai contagiati” è la strategia individuata per prevenire un’eventuale epidemia.
Nonostante il termine sia piuttosto rude, visto che ci si rivolge sempre ad una categoria di persone malate, la definizione è stata accettata ed è entrata nel gergo comune, segno evidente di quanto severa sia la suddetta “caccia”.
I Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), la massima autorita’ sanitaria negli Usa, hanno pubblicato un video con tutte le indicazioni per prevenire la trasmissione.
Il metodo utilizzato dagli esperti del Cdc, definito “la chiave per fermare l’epidemia”, si chiama ‘contact tracing’, sostanzialmente una vera e propria caccia ai possibili contagiati per rintracciare tutti coloro che possano essere entrati in contatto diretto con un paziente malato di Ebola.
Il primo step è quello dei medici che chiedono al paziente e ai suoi familiari di elencare tutti quelli con cui hanno interagito, i quali vengono cercati e messi in quarantena per 21 giorni.
Ulteriore dettaglio impportante sulle informazioni conosciute finora: gli esperti affermano che i controlli sulla temperatura corporea in atto negli aeroporti non sono in grado di portare a risultati soddisfacenti, poiche’ il periodo di incubazione del virus e’ di 2 giorni, ma possono servirne 20 perche’ i sintomi si manifestino.
Paolo Pradolin
01/10/2014
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