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Dovremmo essere tutti femministi – Quando un libro ti apre gli occhi

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Dovremmo essere tutti femministi

E se, educando i nostri figli, ci concentrassimo sulle capacità invece che sul genere? Sugli interessi invece che sul genere?

Femminismo. Parola complicata, parola odiata dai più, compresa da pochi, storpiata da molti. In un periodo in cui le donne stanno cercando di far sentire sempre di più la loro voce, in un periodo in cui la violenza sulle donne è in parte diminuita, ma è aumentata la gravità, c’è un assoluto bisogno di prendere posizione e fare qualcosa, anche nel proprio piccolo. E così oggi vi voglio parlare del mini saggio edito da EinaudiDovremmo essere tutti femministi” (traduzione di Francesca Spinelli) di Chimamanda Ngozi Adichie. L’autrice che si definisce Femminista Felice Africana Che Non Odia gli Uomini, ci regala un phamplet necessario per comprendere al meglio il movimento femminista.

Sì perché nel mondo, come dice lei stessa, questa parola si porta con sè una serie di elementi negativi “odi gli uomini, odi i reggiseni, odi la cultura africana, pensi che le donne dovrebbero sempre essere ai posti di comando, non ti trucchi, non ti depili, sei perennemente arrabbiata, non hai senso dell’umorismo e non usi il deodorante“. Liberare il mondo e le persone (donne comprese) da questi stereotipi non è un’impresa semplice, eppure Adichie con questa sua opera fa un passo avanti, fa aprire gli occhi e lo fa nel modo più semplice e diretto possibile.

Niente giri di parole, niente termini complicati o didattici, solo pensieri che prima di passare per la mente, sono passati per il cuore. Dovremmo essere tutti femministi è un libricino che nasce dalla Ted Talk del 2012; sono passati 3 anni e in quelle parole ancora ci ritroviamo perché, nonostante le donne si siano unite più di prima, ancora c’è tanto da fare, ancora c’è tanto da creare per liberare la parola “femminismo” da un bagaglio negativo ancora troppo ingombrante.

Eppure guardiamoci attorno: di donne che dimostrano come si possa essere forti, intelligenti, creative, alla pari degli uomini ce ne sono e in tutti i campi, anche in quello scientifico, nonostante ci sia chi prova a denigrarle, a metterle su un piano inferiore, ci sono donne che dimostrano con i fatti cosa voglia dire femminismo. Non si odia l’uomo, anzi, è sempre l’altra metà del cielo, c’è bisogno dell’altro sesso affinché il femminismo prenda corpo ed abbia senso. Lo dice la stessa Adichie, l’uomo deve aiutare la donna nell’affermazione di se stessa, collaborare con lei affinché nessuno più la reputi inferiore. L’autrice è una donna che si reputa libera ed emancipata, ma nel suo paese, ai ristoranti i camerieri si rivolgono sempre all’uomo che l’accompagna e mai a lei, conosce donne costrette a portare la fede, anche se non sposate, per avere rispetto da chi sta loro attorno, dà le mance ai parcheggiatori, ma loro ringraziano l’uomo che sta con lei perché se una donna ha i soldi, provengono sicuramente dall’uomo e via dicendo.

Dovremmo essere tutti femministi è un libro che ti cambia, perché Adichie è riuscita a scavalcare tutti quei media che l’hanno snobbata e ha fatto sentire la sua voce, creando una prima crepa su quel muro che da sempre viene associato alla parola femminismo, il tutto attraverso le armi più forti di tutte: l’intelligenza, la comprensione e una grandissima sensibilità. Sì perché con il buon senso e con un tono pacato, attraverso questo phamplet, ha puntato il dito verso una società, fatta di uomini e donne, che ancora nel nuovo millennio ha dei problemi con il genere “che prescrive come dovremmo essere invece di riconoscere come siamo“.

Sognando un mondo migliore dove “dobbiamo cambiare quello che insegniamo alle nostre figlie. Dobbiamo cambiare anche quello che insegniamo ai nostri figli

Sara Prian

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