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Diari, mostra fotografica di Ioan Pilat a Villa Pisani di Stra (Venezia)

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attraverso l’immagine un’esperienza, in primis umana, di relazione con il soggetto, trasfigurandolo e trasformandolo così in una dimensione profondamente umana.
“Non iscoprire se liberta t’è cara ché ’l volto mio è carcere d’amore.” Ha scritto Leonardo da Vinci, mettendo così in evidenza che il miglior ritrattista è colui che unisce in sé al massimo grado la capacità di comprendere il carattere del soggetto, la conoscenza degli effetti di luce e ombra e la padronanza delle tecniche da usare.
Per Ioan Pilat, fotografare è quasi leggere nel pensiero, tanto è forte la capacità di cogliere l’intimità dei soggetti rappresentati. Di fatto, quando l’empatia tra l’autore e il suo soggetto si manifesta in fotografia, quest’ultima acquisisce maggiore espressività e il suo impatto sugli sguardi esterni si risolve in un invito a immaginare e a pensare alle ragioni dello scatto.
Certo non é facile rimanere impassibili di fronte alle sue immagini fotografiche. Anche quelle che sembrano dare più spazio ad un puro estro artistico, propongono profonde indagini psicologiche. 
Scatti che, nonostante l’immediatezza della posa costano molte ore di attesa e di ricerca; una ricerca a volte piacevole, a volte dura e impegnativa come uno scavo negli strati più nascosti dell’inconscio.
La macchina fotografica in questo viaggio diviene il punto di vista privilegiato, quasi una protesi meccanica attraverso cui la realtà viene rilevata in modo oggettivo e indolore, quasi fosse un aiuto silenzioso.
Osservare le fotografie di Ioan Pilat ci porta a questo. Ogni suo ritratto appare come un gesto meditato che corrisponde a un attimo di disattenzione del soggetto, che si è lasciato ritrarre quasi per errore. E proprio dentro quell’errore, dentro il cedimento del soggetto, si può cogliere il centro d’interesse delle immagini. Il loro aspetto quasi drammatico, certamente unico e distintivo. Immagine dopo immagine, scompaiono tutti i dubbi (e anche i sorrisi si fanno rari) ed è possibile accorgersi di un duplice livello progettuale da parte di chi ha scattato queste fotografie.
Il primo ha a che fare con le pose schive e riservate dei soggetti che in questa galleria di ritratti esprimono se stessi nei luoghi a cui appartengono. Il secondo è, invece, legato a una sottile e costante ricerca dell’ideale fotografico da parte dell’autore. Alla luce di tali livelli di lettura, ognuno corrispondente al punto di vista del fotografo e del soggetto, le immagini Ioan Pilat sembrano svelarci l’atto finale di una ricerca che segue, esplora e stana il suo soggetto fino al momento in cui sceglie di aprirsi all’obiettivo della macchina fotografica. In questo senso ogni ritratto della sequenza sembra svelare un segreto.
Queste fotografie appaiono come l’esito di un percorso di conoscenza che esplora l’universo culturale, della scienza e della ricerca attraverso l’arte del ritratto. I soggetti sono trattati nella cornice unitaria di un mondo così attraente da destare interesse in ogni suo punto, volto o ambiente.
Sono attori, filosofi, musicisti, scrittori, atleti, designer, illustratori e scienziati, tutti colti nel proprio contesto, liberi di scegliere gli ambienti e gli attributi della propria raffigurazione. Per loro la scena si ripete ogni volta con un input diverso, seppur

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