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Don D’Antiga “dimesso” da Papa Francesco

Bergoglio giudica colpevole il prete veneziano e lo riduce allo stato laicale, una decisione suprema inappellabile dopo l'inchiesta.

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Don Massimiliano D’Antiga “dimesso” da Papa Francesco. Il santo padre ha giudicato colpevole il prete che esercitava nel centro storico veneziano con la pena delle dimissioni dallo stato clericale. La vicenda veneziana con protagonista il prelato ribellatosi ad una decisione del Patriarcato era divenuta di dominio pubblico nel 2018 ma con episodi risalenti anche al 2017 e oggi arriva quindi al termine con la comunicazione della santa sede. Alla fine di incontri, indagini, raccolta di testimonianze e produzione di memorie, la Congregazione per il Clero, valutati gli atti in propria sessione giudicante, ha ravvisato la sussistenza di comportamenti, per D’Antiga, tipizzati dal Codice di Diritto Canonico nelle fattispecie di “istigazione alla rivalità, all’odio e alla disobbedienza”, “lesione illegittima della buona fama”, “abuso della potestà ecclesiastica”, e di inosservanza del “dovere di conservare sempre la comunione con la Chiesa”, del “dovere dei chierici di condurre una vita semplice e del distacco dai beni” e “dell’obbligo di astenersi da ciò che è sconveniente e alieno dallo stato clericale”, con la “speciale gravità” implicata dalla “necessità di prevenire o riparare gli scandali”, ed ha perciò deliberato di portare la questione a Papa Francesco Bergoglio per la decisione finale. E il santo Padre ha giudicato la colpevolezza di don Massimiliano D’Antiga, irrogandogli il 7 novembre 2020, al termine di un percorso durato quasi due anni, la pena della dimissione dallo stato clericale. 

Di seguito il comunicato del Patriarcato di Venezia.
Considerati l’ufficio esercitato e il ruolo pubblico rivestito da don Massimiliano D’Antiga, già rettore di San Zulian e amministratore di San Salvador, e tenendo conto del clamore mediatico suscitato dalla sua vicenda, con vero dispiacere e grande dolore, dopo aver sperato e atteso che il passare del tempo portasse a qualche segno di ravvedimento, corre l’obbligo, ripercorrendo l’intera vicenda, d’informare che:Dopo un iter durato più anni, la decisione di papa Francesco conclude la dolorosa vicenda iniziata con il rifiuto di don Massimiliano di obbedire al trasferimento da San Zulian e San Salvador.
Tale disobbedienza, diventata di pubblico dominio a livello non solo locale, per manifestazioni di estimatori, per interviste e dichiarazioni da lui stesso rilasciate, nelle quali ribadiva il rifiuto del trasferimento conseguente la riorganizzazione pastorale dell’Area Marciana, è stata solo il punto di partenza di una progressiva chiarificazione di fatti e situazioni che ha gradualmente evidenziato specifici elementi di responsabilità di don Massimiliano D’Antiga circa reiterate e gravi violazioni della legge canonica nei confronti della comunione ecclesiale.
Sulle premesse poste dal patriarca Marco Cè per un ripensamento del centro storico di Venezia, era stata costituita dal patriarca Angelo Scola la cosiddetta Area Marciana come polo di progressiva unificazione pastorale, la cui riorganizzazione del dicembre 2018, rifiutata da don Massimiliano ma accettata dagli altri presbiteri interessati, era stata soppesata in più occasioni dal patriarca Francesco Moraglia, nella prospettiva dell’intero contesto pastorale cittadino e diocesano, grazie al significativo contributo dei presbiteri, dei diaconi, delle persone consacrate e dei laici dei vari organi di partecipazione diocesana.A don Massimiliano D’Antiga veniva chiesto di esercitare il ministero sacerdotale come

cappellano corale della Basilica di San Marco, ossia, dedicarsi quotidianamente alla celebrazione della Santa Messa, del sacramento della penitenza e alla direzione spirituale, servizio di cui c’era e continua ad esserci grande necessità, e per il quale egli stesso, in più occasioni, in precedenza, si era detto portato; avrebbe inoltre continuato a seguire, come gli fu subito comunicato, il gruppo dei genitori “con un figlio in cielo”, nella stessa chiesa di San Zulian, a cento metri dalla Basilica di San Marco, dove abitualmente si ritrovano; in tal modo consentendo il necessario riassetto pastorale della zona, con cui tre parrocchie e due rettorie venivano affidate ad un solo parroco coadiuvato da un aiuto pastorale, con la presenza di alcuni presbiteri ultrasettantacinquenni.
Il clamore provocato dalla disobbedienza di don Massimiliano D’Antiga, a partire dal dicembre 2018, le pubbliche manifestazioni e le numerose lettere di sostegno al sacerdote inviate qui, come pure alla Santa Sede e altrove, insieme ad altre di presa di distanza e forte reazione contraria, segno tangibile della divisione provocata nella comunità, hanno suscitato attenzione e sconcerto non solo a Venezia, rendendo inevitabile un ampio confronto con la Santa Sede, da cui è emersa la necessità di procedere immediatamente con due interventi a tutela e garanzia dei differenti soggetti interessati, ovvero don Massimiliano e i fedeli confusi e turbati dal suo atteggiamento.
Il primo intervento da compiere era la consegna a don Massimiliano di un precetto con cui gli si chiedeva di trascorrere un periodo di tre mesi in una comunità sacerdotale presso una casa religiosa, non distante da Venezia, dove avrebbe goduto di un competente aiuto psicologico e spirituale, così che, ritrovata la necessaria serenità, potesse ritornare alla vita e al ministero sacerdotale nel presbiterio diocesano. Per stemperare i toni e

venire incontro a don Massimiliano, il Patriarca, nonostante la pubblica reiterata disobbedienza e lo sconcerto dei fedeli, decideva invece di non procedere con sanzioni canoniche di alcun tipo.
Il secondo intervento era l’apertura di un’indagine previa al fine di raggiungere una visione chiara dell’intera vicenda, anche su eventuali motivazioni pregresse che avevano condotto all’incomprensibile rifiuto di don Massimiliano, tenendo altresì conto della necessità che c’era stata di consegnargli due precetti cautelativi, connessi alla materia economica, per indirizzarlo a uno stile sacerdotalmente appropriato (18 febbraio 2017 e 26 marzo 2018).Il 15 dicembre 2018 il Patriarca ha avuto un lungo incontro con don Massimiliano D’Antiga, alla presenza del vicario generale, del vicario per la pastorale e di un allora qui del tutto sconosciuto signor Enrico Di Giorgi, di cui don Massimiliano aveva chiesto la presenza in quanto persona di sua fiducia. Il sig. Di Giorgi, che in seguito accompagnerà nuovamente don Massimiliano anche per la deposizione in sede di procedura canonica extragiudiziale, è attualmente la persona imputata da parte della Procura della Repubblica di Venezia per aver affisso manifesti diffamatori firmati “Fra Tino”. Al termine dell’incontro del 15 dicembre, è stato consegnato a don Massimiliano D’Antiga il precetto raccomandato dalla Santa Sede, suscitando una forte reazione e lo scomposto rifiuto del sacerdote.

Nei giorni successivi, con viva sofferenza ma riconoscendone la necessità, è stata disposta l’apertura dell’indagine previa, ossia, il secondo degli interventi indicato dalla Santa Sede, affidandola ad un giudice istruttore non del Patriarcato di Venezia affinché il quadro potesse emergere quanto più imparziale anche dinanzi a ulteriori addebiti che stavano iniziando a delinearsi. A partire dagli ultimi giorni di dicembre 2018, l’istruttore ha sentito, alla presenza di un notaio di causa, ventiquattro testimoni e raccolto abbondante materiale documentario da più fonti fra loro indipendenti, ad iniziare da quello relativo al tempo della formazione in seminario, ai primi anni di ministero a Mestre e a Burano, e al successivo ministero a Venezia. Il 24 gennaio 2019, don Massimiliano D’Antiga è stato nuovamente invitato per incontrare il Patriarca. Un colloquio disteso e sereno, pur nella sofferenza del momento, concluso con la consegna di un secondo precetto per chiedere nuovamente al sacerdote di farsi aiutare con un soggiorno in idoneo contesto comunitario in cui usufruire di un adeguato, competente accompagnamento psicologico e spirituale, rifiutato nel precedente incontro. Don Massimiliano, purtroppo, ha scelto di non intraprendere tale cammino.

Il 17 febbraio 2019 si è conclusa la fase dell’indagine previa. Il fascicolo, di più di duecentocinquanta pagine, è stato trasmesso alla Santa Sede la quale, dopo un attento esame, ha autorevolmente indicato la necessità di procedere ulteriormente, aprendo una procedura penale extragiudiziale, strumento previsto dall’ordinamento della Chiesa per acclarare in maniera accurata la verità, tutelando tutte le persone interessate, particolarmente i soggetti più fragili, con piena garanzia sia del diritto di accusa di coloro che si sono sentiti offesi sia del diritto di difesa dell’accusato. Per questa seconda fase, è stato coinvolto un giudice istruttore, diverso dal primo, come prevede il diritto, docente universitario di diritto penale canonico; sono stati associati due giudici assessori, un giudice rotale e un altro docente universitario di diritto penale canonico; come notaio della seconda fase è stato scelto un avvocato rotale professore di diritto ecclesiastico presso una università statale; ancora una volta, gli operatori sono stati scelti, oltre che per riconosciuta competenza, per non essere del territorio veneziano, ad ulteriore tutela della loro neutralità.

In occasione della giornata sacerdotale del Giovedì Santo del 2019, il Patriarca ha scritto a don Massimiliano D’Antiga per un ulteriore incontro, che si è concretizzato il 4 maggio successivo. Un lungo colloquio in cui, purtroppo, non si è percepito alcun segno di mutamento nella posizione di don Massimiliano; così, al termine, gli è stata formalmente notificata l’apertura della procedura penale extragiudiziale indicata dalla Santa Sede e informandolo dei passi che avrebbe dovuto compiere a sua difesa, tra cui nominare un avvocato di fiducia, provvisto dei requisiti per esercitare nel foro ecclesiastico.
Dopo accurato studio del fascicolo dell’indagine previa, il giudice istruttore, dal maggio 2019, ha sentito, più volte, don Massimiliano, assistito dal suo avvocato; ha sentito ulteriori trentasei testimoni, la maggior parte dei quali richiesti dalla difesa, ed ha raccolto altro materiale documentario. Il fascicolo di oltre quattrocento pagine, completo della memoria difensiva scritta dall’avvocato di don D’Antiga e del voto finale del Giudice Istruttore, è stato completato il 15 gennaio 2020 e consegnato al Patriarca.

I fascicoli dell’indagine previa e del processo sono stati trasmessi ai giudici assessori per lo studio, convocandoli per il 21 febbraio 2020 in sessione di voto. L’attento esame del materiale processuale e l’estesa e articolata discussione in sessione di voto hanno condotto gli assessori a confermare il voto del giudice istruttore. Dopo ulteriore accurata valutazione degli esiti, la fase diocesana si è conclusa il 19 aprile 2020 con il trasferimento alla Santa Sede, nello specifico alla Congregazione per il Clero, dell’intero fascicolo.
La terza fase, quindi, si è aperta con l’esame del fascicolo da parte della Santa Sede che, l’8 maggio 2020, scriveva a Venezia, chiedendo di invitare don Massimiliano D’Antiga ad un ulteriore incontro per valutare se si potesse ravvisare in lui una ragionevole speranza di sincero ravvedimento, con l’impegno di un prolungato tempo di recupero umano e spirituale, oltre che evidentemente alla riparazione del danno. L’incontro con don Massimiliano D’Antiga, accompagnato dall’avvocato, è potuto avvenire in Patriarchio il 3 giugno 2020, e ne è stata trasmessa relazione alla Santa Sede. Parallelamente, la Santa Sede aveva chiesto a don Massimiliano D’Antiga di far pervenire lui stesso direttamente a Roma, entro il 25 giugno 2020, le proprie osservazioni e tutto quanto ritenesse necessario produrre a chiarimento della propria posizione e difesa in assoluta autonomia.

La Congregazione per il Clero, valutati gli atti in propria sessione giudicante, ha ravvisato la comprovata sussistenza dei comportamenti tipizzati dal Codice di Diritto Canonico nelle fattispecie di “istigazione alla rivalità, all’odio e alla disobbedienza”, “lesione illegittima della buona fama”, “abuso della potestà ecclesiastica”, e di inosservanza del “dovere di conservare sempre la comunione con la Chiesa”, del “dovere dei chierici di condurre una vita semplice e del distacco dai beni” e “dell’obbligo di astenersi da ciò che è sconveniente e alieno dallo stato clericale”, con la “speciale gravità” implicata dalla “necessità di prevenire o riparare gli scandali”, ed ha perciò deliberato di portare la questione al Sommo Pontefice per la decisione finale. Si è così conclusa la terza fase.
Il Santo Padre, papa Francesco, ha giudicato la colpevolezza di don Massimiliano D’Antiga, irrogandogli il 7 novembre 2020, al termine di un percorso durato quasi due anni, la pena della dimissione dallo stato clericale, con decisione suprema e inappellabile.

Il 7 dicembre 2020 è pervenuta dalla Santa Sede la decisione del Santo Padre, con la richiesta che venisse notificata a Massimiliano D’Antiga. L’incontro è avvenuto l’11 dicembre 2020.

Data la notorietà assunta dalla vicenda, questa comunicazione è dovuta a coloro che ne sono venuti a conoscenza attraverso i media o altre modalità comunicative e a quanti, a vario titolo e loro malgrado, ne sono stati coinvolti.

Si chiede a tutti la carità della preghiera che, sola, in queste dolorose occasioni, può essere di aiuto e di conforto.

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5 persone hanno commentato. La discussione è aperta...

  1. Giovanna
    nel diritto e nella procedura penale, la presunzione di non colpevolezza è il principio secondo cui un imputato è innocente fino a ptova contraria. La condanna in questo caso c’è stata? Lei, che sembra molto informato, è riuscito a conoscere le date di rogito degli immobili che cita e se il rogito stesso sia avvenuto negli anni (ultimi?) di attività pastorale del D’Antiga? La Magistratura sta indagando? Grazie.

    • Lei chi è scusi? altro fake della sorella? Ma sa leggere e capire? Sentenza suprema e inappellabile dunque? Io sono certamente informato, legga giornali di oggi 13 dicembre 2020 ed evincerà ogni cosa. Se vuole ci sono ben due processi settimana prossima contro la sorella dell’ex e altra seguace. Sono pubblici, venga. Saluti.

      • fake? sorella? di cosa parla? Cosa dovrei capire che non è più prete? Questo lo capirebbe chiunque, dopo letto questo articolo! Che discorsi. Se il Papa ha deciso così avrà tutte le sue motivazioni. Trovo il giornale che scrive qualcosa ma non intendo abbonarmi e spendere soldi solo per soddisfare una mia curiosità. Se sa e se vuole, risponda alle mie domande, altrimenti va bene comunque. Dei processi che cita, non me ne importa un fico secco …stia bene.

  2. Due cose. Mi chiedo se il Patriarcato lo abbia mai difeso, quando il D’antiga, molto tempo prima della sua “disubbidienza”, veniva accusato (anche nei Media), di reati gravi a carattere diffamatorio. Se così fosse, anche la “disubbidienza”, a mio aviso, troverebbe una sua umana giustificazione, perché un padre dovrebbe sempre difendere il figlio, almeno sino a quando le cose non si fossero chiarite. Non si capisce, dalla sentenza, se il Sig. D’Antiga, si sia approfittato o meno dei fedeli per avvantaggiarsi economicamente. Mi pare di ricordare che tra le accuse gravi, c’era anche quella che paventava che il Prelato si fosse fatto intestare da alcuni fedeli degli immobili. In ogni caso, dispiace molto che la Chiesa, perda una persona così tanto stimata tra i fedeli.

    • E’ bene parlare di cose delle quali si ha conoscenza. Di che stima parla e di quale persone? Gruppo di seguaci dei quali molti a processo tra cui il 75enne che si presta ad andare poveraccio ad affiggere nottetempo volantini diffamatori? Come è stato ridotto quell’uomo che ignora persino di dove viva il soggetto e di quale reggia disponga. E che dire dei capitali milionari e dei 18 immobili e del “villaggio” a Treporti tante sono le case in possesso con proprietà anche a Venezia? Come le hanno ottenute con 900 euro di stipendio, pescando coi secchi in laguna come affermato dalla sorella ” siamo stati mercanti ittici” ! Cozze d’oro pescavano evidentemente. Di quale comunità di fedeli parla? Non vi era nessuna comunità ecclesiale a San Salvador o San Zulian ma solo azioni settarie e per lo più di persone che provenivano da tutto il Veneto. Rimosso in modo urgente ed inaudito in sole 48h è stato il nostro ad abbandonare poi i Figli in Cielo dei quali il patriarca gli aveva concesso di seguirli. Ma che gli frega al nostro di seguirli e di fare il prete nella Basilica marciana dove sarebbe stato controllato dai confratelli e dalle gerarchie e dove non poteva proseguire a fare ciò che ha perpetrato per vent’anni. Sentenza suprema e inappellabile: massima pena per massimiliano. Ora si dedichi al suo vero dio. PRETE MAI FU, CON ABUSO DI POTERE contestatogli tra i capi di imputazione dal Sommo Pontefice.

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