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Covid oggi, ancora aumenti: 11.705. La lettera del primario che ha fatto la notte

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Polacco ricoverato uccide il compagno di stanza staccandogli le macchine salvavita

Covid oggi che vede ancora un aumento dei nuovi casi scoperti. Sono 11.705 le nuove positività registrate in 24 ore. Il numero dei nuovi casi è parallelamente legato ad un alto numero di tamponi che però – e questo merita attenzione – sono in numero sensibilmente minore rispetto a ieri.
Ieri, sabato, le nuove positività erano state 10.925 con 165.837 tamponi. Oggi, domenica, sono 11.705 i nuovi casi con 146 mila tamponi.
L’esposizione dei numeri continua purtroppo con la cifra dei decessi: sono 69 i morti nelle ultime 24 ore, altro numero in aumento rispetto alle 47 vittime di ieri.

Covid e coronavirus, numeri e cifre, pareri e opinioni, ma cominciano ad arrivare ora anche le testimonianze di vita di chi contro il virus si deve confrontare. Quelle storie di grandi professionalità sanitarie che avevano accompagnato spesso in maniera struggente la prima ondata.
Riferiamo oggi di uno scritto di un Primario di Verona che al termine di un turno di lavoro dice: “Peggio che a marzo”. “A Verona abbiamo riaperto reparto Covid, notte allucinante”.

Ed è proprio da qui, dalla ‘tolda’ di un ospedale in prima linea che la seconda ondata fa più paura.
“Ieri abbiamo riaperto. Siamo rientrati nel padiglione 13, un piccolo Ospedale dedicato solo al Covid 19. Termino una notte allucinante, continui ricoveri, mi sembra un film già visto”.
La fotografia del ritorno del Covid è un post scritto alle 7 di mattina dal direttore del reparto di Pneumologia dell’Azienda ospedaliera di Verona, Claudio Micheletto.

“Temo che questa notte – aggiunge – si sia innescata una pesante recrudescenza: pronti soccorso strapieni, tante persone con sintomi. Non mi ricordo chi ha detto che il virus era clinicamente morto. Dopo 24 ore consecutive di lavoro forse perdo la memoria”.
Al suo messaggio sono seguiti commenti di centinaia di persone che ringraziavano medici e sanitari per l’abnegazione. Come in primavera, appunto.

“Riaprire le stanze – prosegue Micheletto – ci ha emozionato, ci sono tornate davanti le facce di tutti coloro che erano passati da quel reparto in primavera, alle loro sofferenze, ai loro sorrisi, alla soddisfazione di mandarli a casa. Ma anche alla nostra fatica, al sudore, ai vestiti pesanti, alle maschere. Non siamo contenti di rientrare, a marzo affrontavamo l’ignoto, ora sappiamo cosa dobbiamo fare per tutti i prossimi mesi. Riprendere questo lavoro ad ottobre vuol dire affrontare

un lunghissimo periodo”.
Rintracciato al telefono, Micheletto risponde di corsa, perché sta di nuovo varcando la porta del reparto.
“Stiamo facendo una ‘chiamata alle armi’, dobbiamo richiamare medici e infermieri. Qui è peggio che a marzo” dice il dirigente.
“Sto entrando adesso… dobbiamo allargare la disponibilità – spiega – Quando parlo di marzo, non dico certo nei numeri, allora avevamo 180 pazienti e 60 terapie intensive complessivamente in tutta l’azienda – Verona è formata dai due ospedali di Borgo Trento e Borgo Roma – Però il flusso è continuo”.

“Giovani? No, sono soprattutto pazienti nella fascia d’età 50-60 anni”.
“Ad oggi a Borgo Roma abbiamo 22 ricoverati in malattie infettive, pieno, e 6 in rianimazione, pieno”.
“Da noi in pneumologia a Borgo Trento ci sono 20 letti occupati, e dobbiamo

allargare. Ne aggiungiamo oggi altri 6, ma il problema non sono i posti, serve il personale per seguire i pazienti”.

Il dott. Claudio Micheletto non è certo uno che scrive spesso sui social. Evidentemente, però, questa era un’occasione speciale. Aveva firmato il suo precedente post il 2 giugno, ed era un’altra occasione speciale, era quando l’emergenza pareva finita: “Dopo ottanta giorni abbiamo chiuso un reparto Covid stiamo tentando di tornare a vita normale. Ci portiamo dentro tante storie, tanta fatica, ma anche tante soddisfazioni”.

Riportiamo anche il messaggio dell’epoca, magari nella speranza che sia di buon auspicio dato il tono di quello attuale.

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