Oltre al dramma dei medici morti per servizio a causa del coronavirus c’è il sacrificio, a volte estremo, anche degli infermieri.
Giovedì, con una ennesima vittima, il numero degli infermieri morti per Covid-19 dopo aver contratto il virus è di 31.
Degli infermieri morti il 32% prestava servizio nelle Rsa (residenze sanitarie assistenziali).
Il dato è reso noto dalla Federazione degli ordini infermieristici (Fnopi) sottolineando che proprio nelle Rsa “mancavano maggiormente i dispositivi individuali di sicurezza”.
Fnopi indica anche che il 50% degli infermieri morti lavorava in strutture sul territorio e non in ospedale.
Ad oggi sono 8.600 gli infermieri contagiati.
Sono numeri che stanno scatenando una reazione nell’intera categoria che ha preannunciato iniziative di protesta.
“Il preavviso di mobilitazione di infermieri e operatori sanitari è sacrosanto e doveroso perché è in gioco la vita dei professionisti che, se mai fosse necessario stigmatizzarlo, ha lo stesso peso di qualunque altra”. Queste le parole del presidente del sindacato degli infermieri, Nursing Up, Antonio De Palma.
“Nessuno dovrebbe perire a causa di disfunzioni del sistema e noi siamo determinati, se ci costringerete a farlo, a combattere con tutti gli strumenti che il nostro ordinamento ci consente”, aggiunge citando gli operatori sanitari morti a causa del coronavirus.
Il viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri, nei giorni scorsi aveva detto al sindacato: “Ascolto le vostre istanze e cercherò di dare un contributo affinché siano risolte, ma questo non è il momento della rottura, c’è bisogno dell’aiuto di tutti noi”.
Successivamente, però, con una nota proprio Nursing Up risponde: “Ancora un appello fatto di parole e retorica, da cui emerge che non c’è nessuna assunzione di responsabilità fattiva, con date alla mano e scadenze da rispettare per concordare come affrontare la crisi”.