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Coronavirus, l’andamento dei dati: dentro i numeri

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Coronavirus, l'andamento dei dati: dentro i numeri

Coronavirus, cioè come seguire l’andamento dei dati senza impazzire. Facciamo un po’ di ordine.

Dall’inizio dell’emergenza coronavirus calano i malati, arrivando in tutto ad essere 106.848, 851 in meno rispetto a ieri per il quarto giorno di fila, e schizzano a 3.033 i guariti.

Positivo è pure il rapporto tra i tamponi eseguiti (66.658) e i pazienti positivi (2.646) pari al 3,9%, mai c’era stato un dato così basso. Tanto che il capo del Dipartimento Angelo Borrelli apre il bollettino della Protezione civile, sottolinea giovedì sera che per la prima volta i “numeri sono particolarmente confortanti” perché “il numero di dimessi e guariti supera il numero di nuovi casi”. Inequivocabili le tendenze che mostrano i frutti di tanti giorni dello ‘stare a casa’.

Spiragli che non cancellano però la cautela ancora assolutamente necessaria e ripetuta dagli esperti.

Non a caso, sul fronte delle vittime, i numeri non si scostano troppo dal giorno prima: sono stati 464 per un totale di 25.549 (il giorno prima erano 437).

“Dato rimarchevole perché feriscono sempre le nostre coscienze”, osserva il presidente del Consiglio superiore della sanità Franco Locatelli, aggiungendo però che 4 regioni sono a conto zero (Basilicata, Calabria, Valle d’Aosta e Umbria) e in Molise e nella provincia di Trento c’è solo una vittima.

La situazione migliora un po’ in Lombardia che segna 200 vittime in più e 369 malati in meno.

Preoccupa invece il Piemonte, ‘sorvegliato’ speciale da giorni perché i casi continuano a crescere se confrontati con le altre regioni ‘rosse’ come Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna: ha 30 malati in più contro le cifre in negativo delle altre tre regioni.

Idem per i 71 nuovi decessi piemontesi, sei in più dell’Emilia-Romagna.

Da qui il refrain di Locatelli che riprende le parole di ieri del premier Conte e scandisce: “La data del 4 maggio non è una data del ‘liberi tutti’. E’ chiaro che va considerata una gradualità”. Fondamentale soprattutto per gestire le prime riaperture in vista della fase 2.

Su questo è decisivo il famigerato ‘R con zero’, cioè l’indice di contagiosità del coronavirus: è sceso tra lo 0,5 e lo 0,7, ricorda il numero uno del Css. E va oltre: “dal 3 aprile c’è stata costantemente ogni giorno una riduzione del numero dei pazienti in terapia intensiva”.

Quel giorno erano 4.068 contro i 2.267 di oggi, 107 in meno rispetto a ieri.

Una curva che continua a scendere e che si evidenzia nella regione più colpita, la Lombardia, dove le rianimazioni si sono svuotate di 27 pazienti, per un totale di 790.

Al contrario continua a salire il numero dei tamponi: sono 66.658 quelli in più rispetto a ieri, per un totale di 1.579.909 test eseguiti che hanno riguardato complessivamente poco più di un milione di italiani. Dati che incidono, tutti, sulla ripresa post Covid.

In particolare, nel tracciare le linee guida che gli esperti presenteranno al governo, si è tenuto conto dell’incrocio fra i dati epidemiologici e le professioni. In questo modo, come rimarca Locatelli, si può identificare quali sono i settori produttivi che, se aperti, consentiranno di poter tenere l’ ‘R con zero’ al di sotto di 1.

Secondo questa analisi, sono l’edilizia, la manifattura e le attività commerciali associate i settori più virtuosi.

Quel che è certo è che, in ogni caso, qualsiasi riapertura, soprattutto nella fase iniziale, deve seguire un “processo graduale e ben ponderato”.

Unica apertura è probabilmente sugli spostamenti tra regioni, attualmente ancora vietatissimi.

Il Consiglio superiore della sanità ipotizza qualche strappo alla regola per le persone che vivono in una città al confine con un’altra regione e lavorano in quella accanto. Potranno spostarsi anche per altri motivi, non professionali.

Per loro “magari qualche piccola eccezione potrà essere largamente considerata e messa in conto, se non addirittura autorizzata”, aggiunge il presidente.

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