C’erano una volta le bandiere. C’era una volta Paolo Maldini, Javier Zanetti, Francesco Totti (e c’è ancora) e Alessandro Del Piero. C’era un calcio dove le persone venivano prima dei personaggi, dove gli uomini sognavano ancora di indossare una maglia e tenersela cucita al petto per sempre. Di quei calciatori ce ne sono ancora pochi, forse pochissimi, ma uno di quelli è sicuramente Claudio Marchisio, da sempre tifoso juventino e che ha realizzato il sogno di poter indossare quella casacca diventandone poi uno dei leader incontrastati e bandiera indiscutibile.
Passare però dalle righe di un campo a quelle di un foglio di carta non sempre è semplice, ma Marchisio con il suo “Nero su bianco” edito da Mondadori, ci riesce attraverso un esperimento alquanto interessante. Raccontare se stessi, infatti, è una cosa che può mettere in difficoltà, fare i conti con il proprio passato, i propri fantasmi può, davvero, mettere in crisi chiunque. Ma se non si è da soli e a costruire lo scheletro architettonico di una biografia ci pensano i tifosi e ammiratori, ci si trova davanti a qualcosa di inedito, interessante e sicuramente curioso.
Attraverso la piattaforma eFanswer, Marchisio raccoglie il meglio delle domande dei fans per ricostruire la sua storia attraverso le domande di chi lo segue da sempre. Niente pericolo di essere troppo prolisso, nessuna paura di raccontare cose poco interessanti. Ed è così che il “Principino” ci regala un’opera in qualche modo collettiva, che ci permette di conoscerlo meglio sia come uomo che come campione, che ci porta in una sfera privata fatta di emozioni e sogni che lo legano a milioni di bambini che prendono a calci un pallone sperando un giorno di indossare la loro casacca del cuore e di alzare qualche trofeo.
Perché alla fine di tutto, alla fine di queste pagine ricche di umanità, quello che ci si trova davanti è semplicemente Claudio, al di là della maglia, al di là degli scudetti, un ragazzo come tutti noi che ci insegna che anche i sogni più grandi e impossibili, possono diventare realtà, perché, fino alla fine, impossible is nothing.
Sara Prian
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