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Ca’ di Dio, ecco il nuovo Hotel di Gran lusso

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Ca' di Dio, ecco il nuovo Hotel di Gran lusso

E successo ciò che era nell’aria, che fa parte del gioco che ogni giorno propone la stessa solfa. Come da copione ben interpretato nella sua filosofia prettamente turistico – economica, anche la Ca’ di Dio, residenza che ospitava anziani autosufficienti, diventerà un hotel di lusso con tanto di piscina propria.

In virtù di una gara bandita dall’Ire, proprietaria dell’immobile che dalla Riva dei Sette Martiri si affaccia sul Bacino di San Marco, è potuto accadere che la Ca’ di Dio, tramite il Salute Hospitality Group, che si è aggiudicato la gara, a fine 2018 diverrà il il Gran Melià Ca’ di Dio, un lussuoso hotel inanellato alla Melià International spagnola nata negli anni ’50 a Palma di Maiorca. A fine anno inizieranno i restauri dell’ex residenza.

Nel ricordare che le persone anziane (che l’antica e bella residenza ospitava in un ambiente accogliente e prezioso da un punto di vista artistico e architettonico, con i suoi chiostri, giardini e saloni e la sua vista sul Canal Grande), sono state “distribuite” loro malgrado nelle altre residenze veneziane e mestrine, giovano alcune considerazioni.

E’ noto che questo favore alla città che conta, che emerge e vince su tutto e tutti, si deve all’allora Commissario straordinario Vittorio Zappalorto, che con una delibera ha eliminato la norma del ‘pubblico’ che vincolava l’uso del palazzo, dando così soddisfazione a nuovi appetiti alberghieri. L’unico vincolo comunale relativo alle destinazioni d’uso e agli offerenti è stato l’affittanza e non la vendita dell’immobile.

Il Gran Melià offrirà 79 camere e suite, piscina, ristorante e sale convegni e ogni prelibatezza di lusso. L’Ire, l’Istituto di Ricovero e Rieducazione riceverà un affitto annuale di un milione e 350mila euro per 27 anni.

Il Gruppo Melià, con centinaia di alberghi nel mondo, arriva in Italia per la prima volta e il suo ingresso a Venezia prelude ulteriori scelte nel territorio italiano, forse Roma.

Anche questa scelta, conferma la deriva di una città che non sa o non vuole sottrarsi all’evidente trasformazione in atto che umilia chi continua a sollecitare scelte compatibili con le forze fisiche e psicologiche che Venezia può mettere in campo per difendersi da un turismo, che ignorando l’Unesco e persino le delibere comunali (perché non si rispettano?) continua a proliferare e vivere una sua realtà concentrata sul profitto economico.

Se tutto diventa albergo, come ci annunciano amaramente le cronache, come impedire un turismo spropositato? E come dar corpo ai buoni propositi sui flussi ragionati e tollerabili con la vivibilità della città?

Andreina Corso

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