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Buon Natale a Tutti voi con un pensiero…

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Buon Natale a Tutti voi con un pensiero...

Per augurarvi Buon Natale voglio parlarvi di un libro. Un libro che è più di una somma delle sue pagine scritte, un libro che traspare ricchezza per l’idea che sta alla sua base. Un’idea semplice, quasi banale, che potrebbe in un istante, però, idealmente, far cessare tutte le ostilità che si fondano su una diversità: quella religiosa. Quanti scontri vertono tutt’oggi su questi ideali teo-logici…?

Nel libro, per parlare di emozioni, si parte descrivendo un’immagine: «Era il momento della comunione. L’arcivescovo ha sollevato un pezzo di pane bianco tibetano e l’ha deposto nella bocca del Dalai Lama».

La magia del miracolo della Fede è tutta in questa immagine: il Dalai Lama ha invitato l’arcivescovo Desmond Tutu alla sua meditazione privata e l’arcivescovo ha ricambiato dando la comunione all’ospite.

I due sono riuniti nel 2015 a Dharamsala, in India, per gli 80 anni del monaco, e passano una settimana a discutere sulla gioia «che è più della felicità» e che «viene da dentro».

Il titolo «Il libro della gioia» va inteso come il «manuale» della gioia. La seconda parte propone pratiche per guadagnarla, rafforzarla, comunicarla. Perché la gioia è «contagiosa», dicono, come l’amore.

Il miracolo della Fede è nel presupposto del libro che accosta buddismo e cristianesimo e l’accostatore — il curatore del volume Douglas Abrams — è ebreo.

L’accostamento è innanzitutto linguistico e si profila già ad apertura del volume: «Possa questo libro essere una benedizione per tutti gli esseri senzienti, per tutti i figli di Dio, per tutti voi. Tenzin Gyatso, Sua Santità il Dalai Lama / Desmond Tutu, arcivescovo emerito dell’Africa meridionale».

State cercando nella vostra mente informazioni, ricordi, pareri, per valutare quanto state leggendo?

Non fatelo. Fermatevi, pensate semplicemente a Gandhi che così rispose a chi gli chiedeva se fosse indù: «Sì. Ma sono anche cristiano, musulmano, buddista ed ebreo».

Come Gandhi anche il Dalai Lama ammira i Vangeli: «Quando guardo questa statua di Gesù Cristo, mi commuovo veramente. Penso che questo maestro sia stato fonte di immensa ispirazione per milioni di persone». Della discussione con l’arcivescovo dice: «Un buddista e un cristiano, due fratelli. Vado spesso a trovare i rappresentanti di altre tradizioni religiose. A volte ci vuole una calamità per unire i seguaci di tutte le fedi e far capire loro che siamo tutti fratelli e sorelle».

Il buddismo non è un teismo, ripete il Dalai Lama in queste pagine. Nelle conferenze sulla leggenda del Budda il poeta Borges, che ne era innamorato, affermava che «il buddismo è una dottrina atea nella quale non ci sono la colpa, il pentimento e il perdono». Colpa e pentimento infatti non ricorrono sulla bocca del Dalai Lama, ma il perdono sì che ricorre: in esso il dialogante Dalai Lama vede una forma della «compassione» con cui trattare ogni essere senziente.

L’arcivescovo propone la speranza nel paradiso, il Dalai Lama la fede nella reincarnazione. L’arcivescovo racconta di Gesù che affronta la morte e riscatta da essa con la risurrezione, il Dalai Lama si impegna nel descrivere «l’illuminazione che produce la meditazione sulla morte» e invita ad «allenare la nostra mente in preparazione a essa».

Nel libro i personaggi concordano che avremmo bisogno di un «amore incondizionato per l’intera umanità, quale che sia l’atteggiamento altrui verso di noi». Affermano a una voce che «i nostri nemici sono pur sempre fratelli e sorelle e meritano anche loro il nostro affetto: dovrai resistere alle azioni dei tuoi nemici, ma puoi amarli come fratelli e sorelle».

Per conseguire la gioia — ammonisce il monaco — non basta «allenare la mente» ma occorre renderla immune: «l’immunità mentale rende meno suscettibili a pensieri e sentimenti negativi». L’arcivescovo invita a «confidare nell’amore di Dio che ti avvolge e ti vuole pieno di gioia».

Nessuna morale conclusiva, soltanto un pensiero: solo il Bene ci salverà, ed esso, nonostante svariate forme di manifestazione, ha matrice unica.

Buon Natale a Tutti voi.

Paolo Pradolin

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8 persone hanno commentato. La discussione è aperta...

  1. Caro Paolo, Cara Redazione, Cari Lettrici e Lettori, Cari Amici che con noi condividete parole, sentimenti ed emozioni. Sono le 21 e 35 minuti, ritorno a casa dopo aver trascorso la vigilia e la giornata con la mia famiglia, le mie figlie, i miei nipoti.
    Leggo e rileggo la struggente lettera di Paolo e mi assale un bisogno di pace, di pacificazione con me stessa e con gli altri, mi sembra di sentire un suono, una musica che imprime nella testa e nel cuore una carezza pacata che calma il mio animo un po’ guerriero e un po’ poeta, che vorrebbe un mondo come quello che ho in testa e che non so spiegare e anche se lo volessi, mi trattiene il pudore, perché riguarda la vita, la vita interiore degli altri esseri umani che ho bisogno di incontrare, di capire, per sentirmi compresa. Non riesco ad arrendermi, caro Paolo e e cari amici, e anche questa sera ascoltando la musica di radio 3 so che l’onda non mi abbandonerà e ancora avrò voglia di lottare per chi non ha voce. Oggi ho anche pensato alle persone che ci hanno lasciato, credo che in ogni famiglia questa sensazione si rinnovi, a Natale. E il sapersi qui, in questo pezzetto di terra dentro il mondo, oltre che a stupirci, ci interroga su chi siamo, siamo stati e saremo. Il viaggio dentro questo giornale è legato alla parola, che merita tanto rispetto e io stessa vorrei sempre, anche nella fretta, talvolta, delle notizie che arrivano e si accavallano, essere fedele al patto che mi sono data con le parole che mi osservano, mi giudicano e persino, quando possono, mi perdonano.
    L’anno che verrà attende le nostre e vostre parole. Non deludiamolo, ha fiducia in noi. Grazie.

  2. Buon compleanno, Gesù! Aiutaci a seguire, come i Magi, la tua Stella, per portarti i seguenti doni: bontà, compassione per i sofferenti, rettitudine. Buon Natale anche al Dalai Lama, un non-cristiano cristiano

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