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Luigi Brugnaro, il nuovo sindaco di Venezia

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Arriva a Ca’ Farsetti sull’onda del trionfo elettorale che non è ancora l’alba, per un brindisi alla vittoria, ci torna qualche ora dopo da sindaco con le idee già chiare in testa sulle cose da fare. Un bagno di folla prima, un bagno di telecamere e fotografi dopo.
Felice Casson – l’avversario uscito sconfitto (e al momento irrintracciabile) da un duello che ha traumatizzato il Pd – lo nomina solo per ringraziarlo “per la correttezza della campagna elettorale”.
Poi dall’imprenditore che si è ‘inventato’ candidato di una civica (in coalizione poi con Fi e Ncd) meno di cento giorni fa arrivano indicazioni operative.
Niente nomi di giunta, ma segnali forti di apertura “a destra come a sinistra”, con qualche ‘però’.
“Quello che ha vinto – scandisce – è il partito del lavoro, al quale può aderire chiunque, anche chi è del centro sinistra”. Dette da un uomo “senza tessere politiche in tasca”, che ha sottolineato di apprezzare il premier Matteo Renzi, sono parole che possono far immaginare una Venezia come futuro laboratorio della politica amministrativa.
Fuori, invece, “quei signori che non hanno fatto nulla in questi anni, intralciando anche chi voleva fare”. Anche ‘quei signori’, per intendersi, che hanno fatto ‘sparire’ soldi pubblici (leggi caso Mose).
Nelle dichiarazioni di Brugnaro ‘fare’ pare avere il valore non solo grammaticale di un imperativo assoluto; ha un significato che è collegato al bisogno di riportare lavoro, di rilanciare la città, o meglio le “città di Venezia” come ha detto più volte, dando il segno che il centro storico e la terraferma sono sotto un’unica regia. Altro termine assoluto nelle sue enunciazioni è ‘cittadino’.
A questi si è rivolto per avere voti, senza chiudere apparentamenti se non appoggi politici di altre forze che si muovono nell’area del centro destra e della Lega; a questi fa riferimento per spiegare il successo al ballottaggio.
In cassa il neo sindaco ha il 53,21% dei consensi, ma dice: “non abbiamo vinto nulla, abbiamo solo accolto una sfida perché adesso si parla di ciò che ha bisogno il cittadino per far diventare Venezia normale”.
Il primo giorno da sindaco – ha stretto nelle mani nella notte la fascia tricolore che riceverà al momento dell’insediamento – è l’occasione per togliersi qualche sassolino dalla scarpa: “abbiamo sconfitto l’oscurantismo, il partito del ‘no’, di chi parlava male bloccando tutto e tutti, creando insicurezza e diffidenza nei cittadini”.
Gira per le stanze del Municipio che si affaccia sul Canal Grande – quasi di fronte al palazzo dove abita l’ex sindaco Giorgio Orsoni, altro non politico a cui Venezia si era affidata poi travolto dall’inchiesta Mose – e trova il modo di parlare del funzionamento del sistema di condizionamento dell’aria della sala consigliare – ‘degli anni ’70, consuma tantissimo. E’ solo uno spreco” – per dare un’immagine della ‘macchina’ pubblica che ha in mente.
“Qui i primi soldini che si raccolgono – dice – bisogna spenderli anche per queste cose perché con poco si può risparmiare e reinvestire tanto”.
Una frecciata a chi userebbe la città come vetrina per propri interessi – “faremo sapere chi dona alla città, chi lo fa sul serio, e non chi dice di farlo ma organizza i propri pranzi e feste quando gli servono per poi sparire” – e poi una rapida carrellata di temi da affrontare: dal turismo “di qualità”, alla sicurezza, alle grandi navi in Bacino S.Marco, fino alla cultura da portare in terraferma.
Poi ancora lavoro, cultura del lavoro “di chi si gela le mani d’inverno e chi si fa i calli per insegnare lo sport ai ragazzini”. Nella Venezia del ‘dopo Mose’, insomma, si apre, per Brugnaro, la stagione dello sporcarsi le mani, ma per rendere la città competitiva e nuova agli occhi del mondo.

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