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Bar e ristoranti pronti alla rivoluzione: governo fa dietrofront su orari più stretti

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I veneziani si ribellano: tavolate in campo contro le multe 'conviviali'

Bar e ristoranti pronti alla rivoluzione: i ristoratori sono scesi sul piede di guerra, pronti a proteste che i loro rappresentanti hanno definito ‘rivoluzione’ al motto: “Se dobbiamo chiudere alle 23, meglio non aprire neanche”.

Il governo si spaventa delle minacce della categoria e fa dietrofront, non volendo andare allo scontro con baristi, chef e imprenditori della forchetta e, tramite fonti di Palazzo Chigi, fa sapere che “non c’è nessuna intenzione di chiudere ristoranti, bar e locali, né di anticiparne l’orario di chiusura

introducendo di fatto un coprifuoco”.

La precisazione con la “marcia indietro” arriva dopo una giornata di fuochi e fiamme fuori e dentro le cucine delle insegne italiane a cui arriva l’impegno assicurato dalla ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova per una “soluzione condivisa”.

Sullo sfondo le notizie che arrivano dalla Francia: ora a Parigi, per l’emergenza sanitaria da Covid, il numero massimo consentito di clienti seduti ad uno stesso tavolo è stato limitato a sei persone, sarà vietato consumare in piedi mentre il pagamento del conto dovrebbe essere fatto a tavola, per evitare assembramenti alla casse.

Ma i nostri imprenditori guardano ancora con preoccupazione al prossimo Dpcm. “Se un ristorante deve chiudere alle 23, quel ristorante non aprirà nemmeno. Di fatto è mettere in ginocchio un’intera categoria attivando un lockdown camuffato” tuona da Trastevere, nel cuore della Capitale, Cristina Bowerman, presidente degli Ambasciatori del Gusto e chef del ristorante stellato Glass Hostaria. “Impensabile e discriminatoria l’idea di una chiusura

anticipata” commenta e a nome di tutti gli associati alla rete degli Ambasciatori del gusto, “invocando il rispetto delle regole e chiedendo che la norma escluda tutti i locali dove viene offerto un servizio al tavolo che implica un obbligo di controllo per il gestore e uno standard qualitativo già in atto. Se ciò non accade il settore della ristorazione italiano morirà. Peraltro ci chiediamo, quali misure di supporto all’ occupazione sono previste? Che ne sarà della norma che ci sollevava dai pagamenti degli F24 per 4 mesi a fronte del ri-arruolamento del personale? È palese che alla chiusura del locale farà seguito una nuova cassa integrazione”.

Per il presidente Fipe- Confcommercio, Lino Enrico Stoppani “sarebbe un atto di puro autolesionismo per il Paese e un’inutile punizione per il settore”. Per i ristoratori “va difeso il servizio al tavolo, che prevede

il rispetto di tutta una serie di standard qualitativi” mentre “imporre ora una chiusura anticipata significherebbe rendere vano tutto quello che è stato fatto e gravare pesantemente su una categoria che con fatica e sacrificio sta cercando di ripartire”. In vista del prossimo Dpcm i toni restano cupi nelle imprese del catering e banchettistica: “Chiediamo solo di lavorare nel rispetto delle regole. Chiediamo maggiori controlli, quelli che sono mancati fino ad ora, vanno colpiti i fuorilegge, non l’intero comparto. – lamenta Paolo Capurro, presidente di Anbc, Associazione Nazionale Banqueting e Catering, – Se l’obiettivo è quello di far fallire 2.000 imprese e lasciare a casa 100.000 dipendenti, forse ci stiamo avvicinando”.

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